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“GAMIFICATION": il coaching leggero (28/03/2018)



Nell’era dell’informazione "facile" pochi sembrano ancora interessati a studiare. Le Università registrano una riduzione di iscrizioni. Il tempo per approfondire sembra non esserci più. Nel mondo del lavoro a problemi complessi siamo continuamente chiamati a dare risposte immediate. I risultati sono:

- l'approssimazione, la soluzione "tampone" e, talvolta, l'errore

- l'insoddisfazione, il senso di inadeguatezza, l'ansia.

E' allora necessario ritrovare i necessari stimoli, l'interesse ed il giusto tempo per studiare e applicare correttamente e rapidamente quanto appreso. Una soluzione si chiama “gamification del lavoro”. Il concetto non è del tutto estraneo a chi si occupa di sociologia o psicologia sociale, ma quello che è davvero interessante sono i risvolti sociali che potrebbe avere.

Come docente di management riscontro che troppo spesso le persone seguono le mie lezioni perché sono costrette dal loro capo. Se potessero sceglierebbero di tornare al loro lavoro, a "risolvere" i problemi lavorativi che hanno.

Cos’è che non funziona?

Riporto un bell'articolo del Prof. Alberto Arbuschi che fornisce un buon esempio di come la gamification del lavoro può aiutare a risolvere le criticità suddette:

"Lo scorso mese ho letto La realtà in gioco di Jane McGonigal e cosi ho deciso di fare un piccolo esperimento. C’è un periodo dell’anno in cui gli studenti devono imparare come la rete si connetta a cellulari e computer, come consenta di navigare sui siti ed effettuare pagamenti online e molto altro. Per quanto possa sembrare bello detto così, il compito è arduo. Imparare a programmare una infrastruttura del genere non è facile e, sicuramente, è molto noioso.

Così in un primo momento propongo una lezione canonica, tecnica, in cui dopo una prima parte teorica e matematica, si affronta il problema in laboratorio. Ma tutto va come al solito. I ragazzi sono svogliati, non ascoltano, pochi prendono appunti, alcuni parlano.

Provo un altro sistema.

Chiedo alla classe di progettare insieme un gioco nuovo a mo’ di caccia al tesoro da “sceneggiare” liberamente, in cui si debba usare googlemap, la telecamera del cellulare, il GPS, nonché definire arbitri e regole del gioco valutando tutte le implicazioni per garantirne il funzionamento e la gradevolezza d’uso.

Premetto che programmare un app per smartphone non è affatto semplice. Inoltre l’app deve connettersi ad un server inedito, tutto da inventare. Le richieste dei due sistemi sono di per sè identici, anzi il secondo compito è assolutamente più complicato, forse un lavoro improbo per dei 18enni che usano la rete ma sembrano non capirla, eppure … si scatena un VULCANO, le idee sgorgano, si confrontano, scelgono autonomamente, escono soprattutto DOMANDE su come si fa a fare questo e quest’altro, le mie risposte sono CAPITE AL VOLO, qualcuno si lancia addirittura spontaneamente sul computer a fare prove.

Cosa è successo? Stanno imparando al volo le stesse cose che ieri non capivano: una classe di noob (inesperti) si è improvvisamente trasformata in congrega di nerd (profondi conoscitori) costellata di geek (geni creativi) dell’informatica, cosa è successo?

In una realtà che diventa sempre più complessa, sempre meno istintiva e a misura d’uomo, questo aspetto psicologico forse andrebbe gestito e curato. Quali sono le alchimie che ci permettono di ricordare in 2 giorni il nome di 150 pokemon più le loro evoluzioni, cosa impossibile quando devo imparare anche solo 10 termini tecnici nuovi in un mese? La “gamification” del mondo del lavoro potrebbe scatenare un potenziale umano impensabile. In alcune aziende si stanno sostituendo le classiche interfacce dei programmi lavorativi o delle macchine da produzione, con schermi in cui si gioca.

Ma il punto non è questo. Non è rendere il lavoro più piacevole o meno noioso. Il gioco fa in modo che la gente diventi in grado di fare cose che pensava di non poter capire, apre le nostre sinapsi a nuove possibilità e forse nessuno lo chiamerebbe più “lavoro”.

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CHANGE MANAGEMENT: CAMBIAMO LA CULTURA PER CAMBIARE LA ROTTA



SIRIO insieme a FEDERMANAGER NAPOLI, l'UNIONE DEGLI INDUSTRIALI e FONDIRIGENTI per un'importante iniziativa a supporto della dirigenza delle aziende campane



SIRIO con FEDERMANAGER NAPOLI, l'UNIONE DEGLI INDUSTRALI e FONDIRIGENTI ha organizzato e realizzato un corso di alto profilo per la dirigenza di aziende importanti: partecipano RUMMO SpA (alimentare), DELFINO SpA (alimentare), MAGNAGHI SpA (aeronautica), DEMA SpA (aeronautica), CIRA (aerospazio), BAGNOLI FUTURA (servizi), ARIN (servizi), PROMA SpA (automotive). 4 incontri intensi sul tema del change management e della Lean Production in un periodo di crisi in cui il management deve ritrovare fiducia in se stesso, riprendere il timone delle aziende e contribuire a ridefinire la rotta da seguire. Il ripensamento della propria identità aziendale, la valorizzazione dei punti di forza riconosciuti dal mercato insieme al cambiamento coraggioso e conseguente del modello organizzativo e delle metodologie gestionali sono gli step che le aziende partecipanti hanno condiviso e che risultano indispensabili per continuare ad assicurarsi il futuro. Luca Borgonovo(Amm. Unico di SIRIO e consulente e docente di management), insieme a G. Baratto (Presidente di Federmanager Napoli), A. Stanziano e P. Bellomia ha progettato e tenuto il corso-laboratorio che è stato ospitato da Federmanager Napoli nella prestigiosa sede di via Orazio a Posillipo.
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IL CHECK-UP AZIENDALE: CLIMA, CULTURA, ORGANIZZAZIONE E GESTIONE




di LUCA BORGONOVO
L'ANALISI CHE CONSENTE DI IDENTIFICARE I PUNTI  DI FORZA E DI DEBOLEZZA DELLE AZIENDE



3 sono le fasi di cui si compone il check up:

FASE 1):  analisi  di  “clima” e  di “cultura” aziendali.
Questa prima fase di lavoro  ha il valore di una attenta indagine introspettiva che consente di delineare precisi scenari e definire conseguenti e coerenti piani di  cambiamento e di empowerment delle competenze del personale.
L’analisi viene svolta a mezzo di  incontri individuali e/o di gruppo, con il supporto delle tecniche del brainstorming, del self-assessment (coadiuvato da assessment test) e delle interviste one to one.
Gli incontri interessano prima il personale dirigente e poi i responsabili intermedi dell'azienda.

Le principali variabili in analisi con questa fase sono:
- lo stile di direzione/leadership,
- i valori dichiarati,
- gli assunti condivisi,
- i comportamenti attuati,
- le tradizioni,
- il sistema premiante,
- il “sentire comune”,
- lo spirito di squadra,
- l’attenzione alla qualità ed al servizio al cliente,
- l’attenzione agli sprechi,
- la propensione al cambiamento,
- il livello di motivazione.
- la propensione allo sviluppo delle competenze,
- l'assunzione di responsabilità,
- l'attitudine “imprenditoriale”.

Output della fase 1) è il report esplicativo dei punti di forza e di criticità/debolezza dell’attuale “Sistema Culturale e di Clima aziendale”.
Il documento viene presentato alla Committenza in apposita riunione di condivisione. Il documento condiviso viene poi presentato al management aziendale che ha partecipato alla fase di analisi ed è premessa indispensabile per l'impostazione del Piano di Change Management da predisporsi con la terza fase del lavoro.

FASE 2)  analisi di adeguatezza del sistema  organizzativo-gestionale in vigore rispetto a Mission, Vision ed obiettivi strategici di medio-lungo termine.
L’analisi condotta con questa fase di lavoro  non è un audit sull’applicazione del Sistema di Gestione Qualità o sul rispetto dell'applicazione di Norme e Decreti ma è un assessment sugli attuali livelli di efficacia, di qualità, di efficienza, di condivisione, di integrazione, di competenza, di responsabilità, di “robustezza” del sistema organizzativo-gestionale praticato in rapporto a Mission, Vision ed  obiettivi strategici aziendali di medio-lungo termine. L’analisi questa volta viene condotta  in tre step e verte sull'analisi del modello organizzativo vigente nonchè sui processi primari e di supporto attuati:
- nel primo step la consulenza procede a coinvolgere i responsabili intermedi;
- nel secondo step la consulenza coinvolge nella valutazione il vertice aziendale;
- il terzo step consiste nella presentazione e discussione in plenaria (responsabili,  vertice e consulenza) dei risultati dell'analisi condotta allo scopo di  condividerne i risultati.
Le principali variabili in analisi con questa fase sono:
a) la macrostruttura organizzativa:
- disegno organizzativo funzionale (funzionigramma aziendale)
- aree funzionali, funzioni, posizioni e ruoli
- organigramma in vigore (persone che ricoprono le posizioni del funzionigramma)
- sistema delle relazioni tra aree funzionali, funzioni, posizioni e ruoli
- Mission, Vision, Obiettivi strategici vigenti
- sistema di comunicazione e monitoraggio di Mission, Vision, Obiettivi strategici vigenti
- disegno organizzativo processivo riferito ai core business aziendali
- coerenza tra disegno organizzativo funzionale e disegno organizzativo processivo riferito ai core business aziendali
- modello di lavoro prevalente (professionale, di squadra, a comparti, di processo)
b) la microstruttura organizzativa:
- profili di ruolo e relativi profili di competenza vigenti
- ruoli realmente praticati
- sistema delle regole aziendali (standard di prodotto/servizio, di processo, di controllo/verifica, di organizzazione ed ordine delle risorse umane e materiali)
- grado di applicazione e condivisione del sistema di regole aziendali
- processi primari e processi di servizio
- grado di consapevolezza della centralità dei processi
- tipo di approccio lavorativo attuato rispetto ai singoli processi
- sistema di comunicazione attuato per la gestione dei  processi
- sistema di controllo dei costi di produzione
- sistema di assicurazione della qualità del prodotto/servizio
- sistema di valutazione delle persone (competenze, performance, potenziale) e conseguente sistema di sviluppo/incentivazione/carriera.

In questa fase la consulenza provvede a rilevare e riportare anche le “dinamiche relazionali”  manifestatesi in occasione degli incontri con i responsabili intermedi e con il personale dirigente durante le sessioni di analisi organizzativa e gestionale.  

Output della fase 2) è il report esplicativo dei punti di forza e di criticità/debolezza del modello organizzativo e gestionale attuato nei confronti di Mission, Vision e obiettivi di medio-lungo termine aziendali.
Il documento viene  presentato alla Committenza in apposita riunione di condivisione.
Il documento condiviso viene poi presentato al management aziendale che ha partecipato alla fase di analisi ed è anch'esso indispensabile per l'impostazione del Piano di Change Management da predisporsi con la terza fase del lavoro.

FASE 3)  definizione del progetto di Change Management coerente al raggiungimento di Mission, Visione obiettivi strategici di medio-lungo termine.

Scopo di questa fase è quello di predisporre il progetto di Change Management coerente con i risultati prodotti con le precedenti 2 fasi di analisi dei punti di forza e dei punti critici/di debolezza dell'azienda.
L'approccio partecipativo ed oggettivo utilizzato nelle 2 precedenti fasi di analisi fa sì che il progetto di Change Management possa essere largamente ed immediatamente condiviso da tutto il management aziendale che, nei fatti, ha partecipato a tutta la sua genesi.

Gli step da compiere in questa fase sono:
a) la definizione e formalizzazione del Piano di Change Management in totale coerenza con le esigenze di cambiamento emerse con le precedenti 2 analisi condotte,
b) l’attribuzione della responsabilità per l'attuazione del Piano di Change Management,
c) la condivisione delle tempistiche possibili per l' attuazione del Piano di Change Management,
d) l'identificazione del sistema di comunicazione a supporto dell'attuazione del Piano di Change Management, 
e) la definizione del sistema  di controllo dell' avanzamento del  Piano di Change Management.

In termini più specifici, il Piano dettaglia  già tutte le decisioni prese dalla Committenza nelle riunioni di condivisione con la consulenza rispetto ad ognuno dei punti di criticità/ debolezza emersi.
Pertanto contempla almeno:
- la decisione sul modello di lavoro da attuare allo scopo di favorire l’integrazione interfunzionale sui processi core, la comunicazione, la condivisione e la motivazione alla collaborazione (es: Comitato di Vertice, Comitato di Direzione, Team di Processo/Progetto, Team di Miglioramento Specifico, etc);
- la  Mission, la Vision, i valori  aziendali da diffondere, attuare e monitorare costantemente;
- il disegno organizzativo funzionale integrato con il disegno organizzativo processivo riferito ai core business aziendali;
- il sistema di diffusione del  disegno organizzativo funzionale integrato con il disegno organizzativo processivo riferito ai core business aziendali a tutti i livelli/ruoli dell'organigramma aziendale;
- il piano di revisione critica dei “Profili di Ruolo” che specificano le responsabilità di risultato che ogni posizione organizzativa prevista ha nei confronti dei processi/progetti a cui partecipa e nei confronti delle persone che gestisce;
- il piano di revisione del sistema informativo aziendale (riunioni,  sistemi di gestione a vista, procedura di utilizzo delle e-mail, altro);
- la decisione relativa all'eventualità di modificare l'approccio gestionale a garanzia della qualità e dell'efficienza dei processi core (standard di prodotto/servizio, di processo, di controllo/verifica, di organizzazione ed ordine delle risorse umane e materiali);
- l'esigenza di realizzare un sistema di valutazione delle persone coerente al nuovo modello organizzativo e gestionale da implementare;
- la decisione di adeguare il sistema di sviluppo/incentivazione/carriera al nuovo modello organizzativo e gestionale;
altro.

Output della fase 3) è il documento finale dal titolo “Progetto di Change Management” completo  di:
- piano delle attività da realizzare,
- responsabilità di attuazione,
- tempistiche,
- sistema di comunicazione a supporto,
- piano dei controlli del corretto avanzamento.

Il “Progetto di Change Management” predisposto dalla consulenza viene presentato dapprima alla Committenza in apposita riunione di condivisione e quindi al management aziendale che ha partecipato a tutto l'iter di genesi del Progetto allo scopo di ottenerne la massima condivisione finale e raccogliere eventuali ulteriori suggerimenti integrativi.
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LA VALUTAZIONE DEL PERSONALE



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di  LUCA BORGONOVO
  PROGRAMMAZIONE DELLE CARRIERE E  PIANI DI SVILUPPO DELLE COMPETENZE : IL MODELLO OPERATIVO DI SIRIO



SIRIO, società esperta di coaching, consulenza e formazione alle imprese in ambito manageriale (strategico, organizzativo e gestionale)  ha, nel corso della propria vita lavorativa, più volte partecipato a progettare, implementare e/o supportare i processi aziendali di valutazione e sviluppo delle competenze e del potenziale del personale appartenete a tutti i livelli della gerarchia aziendale.L'approccio metodologico  messo a punto da SIRIO nel corso degli anni e delle molteplici attività realizzate vanta anche la lunga permanenza nella squadra dei docenti-formatori di ISVOR FIAT sia dei soci fondatori, Luca e Andrea Borgonovo, sia di alcuni dei principali collaboratori esperti di SIRIO. Pertanto, sia la definizione essenziale di PROFILO DI COMPETENZA DI RUOLO (“l'insieme delle specifiche conoscenze, capacità tecnico-professionali e abilità psico-relazionali (qualità) necessarie per ricoprire con adeguatezza il ruolo”)  sia i sistemi per la VALUTAZIONE  e lo SVILUPPO delle competenze di ruolo e del potenziale delle risorse umane a seguito descritti risentono, indubitabilmente, della scuola di Enrico Auteri (direttore delle Risorse Umane del Gruppo Fiat per molti anni e poi Presidente di ISVOR FIAT) pur se mixati con l'approccio più psicoanalitico di Daniel Goleman divenuto un riferimento universale sul tema delle capacità emozionali dipendenti dall'intelligenza emotiva.  
Il modello operativo proposto da SIRIO si articola nei 5 step a seguito descritti e si sviluppa nel rispetto di 3 certezze:
- l'importanza da dare alla lettura del contesto aziendale in cui avviene la valutazione e la conseguente programmazione,
- l'indispensabilità di un processo di comunicazione continuo che informi compiutamente sul progetto da implementare, sul suo avanzamento, sui risultati attesi e raggiunti,
- l'esigenza di un metodo oggettivo, chiaro, autorevole, condivisibile.

STEP 1.  “Preparazione dei Responsabili da coinvolgere attivamente nel Progetto”

Obiettivi di questo step da condurre con i Responsabili coinvolti nel progetto sono:
a. condividere  il know-how necessario allo svolgimento in team delle attività da realizzare
b. condividere preliminarmente all'avvio del lavoro: mission del progetto, flusso logico delle attività da realizzare, pianificazione di massima e processo di comunicazione a supporto del progetto.

In estrema sintesi, il know-how da condividere è almeno relativo ai seguenti ambiti:
a. la valutazione delle persone è un processo  complesso, fondamentale e necessario, frutto dell'integrazione dei risultati  di almeno i seguenti 3  approcci valutativi riferiti al Ruolo svolto o atteso:
- valutazione delle prestazioni,
- valutazione del potenziale,
- valutazione delle competenze,
b. premesse indispensabili per la realizzazione efficace di un processo di valutazione delle persone in azienda sono l'esistenza e la conoscenza di adeguati Profili di Ruolo e dei relativi Profili delle Competenze di Ruolo,
c. la valutazione delle persone ha  lo scopo di confrontare le prestazioni, il potenziale, le competenze  dei singoli con i suddetti Profili di Ruolo e relativi Profili delle Competenze di Ruolo,
d. le valutazioni vanno effettuate con metodologie appropriate ed oggettive e vanno sistematizzate (sistema di valutazione delle persone),
e. il sistema di valutazione delle persone consente di:
- identificare convenientemente in tempo gli eventuali “gap” nelle competenze, nella realizzazione dei risultati attesi e nei comportamenti organizzativi richiesti,
- acquisire le informazioni necessarie alla progettazione dei necessari interventi correttivi delle competenze (percorsi di sviluppo delle competenze mirati), delle prestazioni (ripianificazioni, riprogrammazioni, interventi di problem solving) e dei comportamenti organizzativi (affiancamento, coaching, mentoring, mobilità orizzontale),
- programmare la mobilità orizzontale o verticale, i passaggi di categoria, la politica meritocratica
- predisporre le Tavole di Rimpiazzo.
f. le principali metodologie di valutazione delle competenze  si suddividono in: concorso interno (a mezzo di schede test costituite da quiz),
colloquio individuale “one to one”,
valutazione di gruppo (a mezzo di project work, simulazioni, role play), 
valutazione a mezzo di Comitato,
autovalutazione.
L'obiettivo è misurare le competenze possedute rispetto a quelle attese dal Ruolo. Le competenze di ruolo sono costituite da:
- conoscenze base sull'azienda
- conoscenze di ruolo/funzione di appartenenza
- conoscenze disciplinari/tecniche
- capacità tecniche
- capacità emotivo-relazionali
Tali aspetti, pur se sempre presenti, sono combinati tra di loro con pesi diversi in funzione del ruolo a cui si riferiscono,
g. la metodologia di valutazione delle prestazioni si fonda sull'osservazione nel tempo dei comportamenti e dei risultati prodotti dai propri collaboratori e termina con un colloquio di valutazione  con cui condividere i risultati della valutazione che deve essere incentrata sui seguenti punti:
- obiettivi/risultati realizzati,
- comportamenti attesi/comportamenti realizzati,
- compiti assegnati/compiti eseguiti;
h. la metodologia di valutazione del potenziale può essere effettuata a mezzo di: valutazione assoluta (senza riferimento ad un ruolo predefinito o ad un tempo circoscritto),  valutazione relativa (riferita al ruolo occupato o prospettico) o a mezzo di un mix delle due;
i. la metodologia di sviluppo delle competenze può prevedere almeno l'utilizzo delle seguenti ipotesi da valutare caso per caso: formazione tradizionale, FAD, affiancamento, project work, simulazioni, coaching.

Output documentali di questa fase del progetto sono:
- il PROGRAMMA PER LA FORMAZIONE DEI RESPONSABILI DI STRUTTURA coinvolti nel progetto (formalizzazione a cura della consulenza)
- la SCHEDA PROGETTO, con indicazione di: missione, obiettivi, partecipanti, diagramma di flusso delle fasi del progetto e delle attività specifiche, responsabilità di fase e di attività, date previste e date consuntive di fine di ogni fase (formalizzazione a cura della consulenza)
- il GANTT relativo al diagramma di flusso delle fasi/attività del progetto (formalizzazione a cura della consulenza)
- il PIANO DELLA COMUNICAZIONE a supporto del progetto (formalizzazione a cura della consulenza)
- il REPORT sintetico dell'attività svolta in ognuna delle giornate di lavoro realizzate (formalizzazione a cura della consulenza).

STEP 2.  “Incontri con i singoli Responsabili  al fine di mappare le competenze possedute dalle risorse rispetto ai ruoli attesi e associare le risorse ai Ruoli”

Obiettivi di questo secondo step da condurre con i singoli Responsabili coinvolti nel progetto sono:
a.  mappare le competenze possedute dalle risorse rispetto ai ruoli attesi
b. associare  le risorse ai RuoliEntrambi questi obiettivi presumono una conoscenza abbastanza analitica delle risorse da parte dei Responsabili. Tale conoscenza dovrà essere condivisa con la consulenza a mezzo di incontri con i Responsabili che consentiranno di predisporre una prima SCHEDA PROFILO per ogni candidato in cui riportare in particolare, oltre ai dati identificativi, indicazioni sintetiche relative almeno a:
- aspirazioni dichiarate,
- competenze rilevate,
- esperienze e risultati rilevati,
- curriculum.
Le competenze rilevate dovranno essere classificate in: 
- conoscenze base sull'azienda
- conoscenze di ruolo/funzione di appartenenza
- conoscenze disciplinari/tecniche
- capacità tecniche
- capacità emotivo-relazionali.
I Responsabili, supportati dalla consulenza, procederanno all'attribuzione dei candidati ai Ruoli sulla base delle esigenze aziendali, le aspirazioni dei candidati e le informazioni in proprio possesso sulle competenze e attitudini possedute dagli stessi.

Output documentali di questa fase del progetto sono:
- il Format della SCHEDA PROFILO (formalizzazione a cura della consulenza)
- il Format della MATRICE DI ATTRIBUZIONI RUOLI che, per ogni candidato, indica il Ruolo attribuito (formalizzazione a cura della consulenza)
- le SCHEDE PROFILO  compilate nella sezione delle COMPETENZE POSSEDUTE-VALUTAZIONE A CURA DEI RESPONSABILI (formalizzazione a cura dei Responsabili)
- la  MATRICE DI ATTRIBUZIONI RUOLI compilata (formalizzazione a cura della consulenza)
- il REPORT sintetico dell'attività svolta in ognuna delle giornate di lavoro realizzate (formalizzazione a cura della consulenza).

STEP 3:  “Incontri individuali con i valutandi.  Individuazione degli eventuali “talenti”.

Obiettivi di questo step da condurre con i singoli candidati in collaborazione con i Responsabili di struttura sono:
a. confrontare la valutazione delle competenze effettuata dai Responsabili con i risultati di un'autovalutazione delle competenze richiesta ai singoli candidati,
b. effettuare la valutazione del potenziale di crescita,
c. individuare gli eventuali “talenti”.
Compiti propedeutici alle 2 valutazioni:
- autovalutazione delle competenze:
a) predisposizione della Scheda di Autovalutazione delle Competenze (definizione degli “item” specifici della valutazione, del peso degli “item” specifici, del sistema di valutazione, della procedura da seguire da parte del candidato e di quella da seguire per l'elaborazione dei risultati)
- valutazione del potenziale:
a)condivisione dell'opportunità di utilizzare la valutazione relativa, cioè tarata sul Ruolo atteso
b)predisposizione delle domande per il colloquio motivazionale che costituiscono la Scheda Guida ad uso del valutatore e che devono indagare almeno le seguenti qualità dell'intervistato:
- capacità intellettuali (capacità di raccogliere dati e informazioni ed elaborarle, capacità di problem solving)
- capacità sociali/relazionali (comunicazione, leadership, negoziazione, gestione dei conflitti)
- capacità gestionali (iniziativa, decisione, pianificazione, controllo, organizzazione)
- capacità innovative (creatività, disponibilità al cambiamento)
- capacità emozionali (stabilità emotiva, consapevolezza di se, autostima, resistenza allo stress, gestione dell'emotività altrui)
Il risultato dell'autovalutazione delle competenze va incrociato con la valutazione delle competenze effettuata dai Responsabili.
Oggetto del colloquio motivazionale individuale saranno la valutazione delle prestazioni effettuata da parte del Responsabile, le aspirazioni di carriera e la motivazione dell'intervistato, le conseguenti richieste formative.
I risultati degli incontri individuali vanno riportati nella SCHEDA PROFILO. La stessa scheda consente anche di segnalare l'eventuale “alto potenziale di crescita” manifestato dal candidato (“talento”). Il gruppo dei “talenti” eventualmente individuati sarà poi oggetto di specifici  piani individuali di carriera e coerenti piani individuali formativi.
 
Output documentali di questa fase del progetto sono:
- SCHEDA DI AUTOVALUTAZIONE DELLE COMPETENZE (formalizzazione a cura della consulenza)
- SCHEDA GUIDA ad uso del valutatore per il colloquio motivazionale (formalizzazione a cura della consulenza)
- SCHEDE PROFILO COMPILATE con gli esiti degli incontri individuali (formalizzazione a cura della consulenza)
- ELENCO TALENTI (formalizzazione a cura della consulenza)
- DOCUMENTO APPROFONDITO SUI CONTENUTI DEI COLLOQUI INDIVIDUALI SVOLTI (formalizzazione a cura della consulenza)
- il REPORT sintetico dell'attività svolta in ognuna delle giornate di lavoro realizzate (formalizzazione a cura della consulenza).

STEP 4.  “Elaborazione dei piani individuali di carriera. Definizione delle Tavole di Rimpiazzo”.

La pianificazione delle carriere rappresenta uno strumento indispensabile per il raggiungimento degli obiettivi aziendali che è subordinato alla presenza nell’organizzazione di persone  ben posizionate ed in grado di tendere, opportunamente aiutate,  ad assumere nel tempo responsabilità sempre crescenti (sviluppo di tipo verticale) o di diverso contenuto professionale (sviluppo di tipo orizzontale).
Perché un'azienda funzioni correttamente è necessario che tutto il suo personale si sviluppi in linea con le proprie attitudini, aspirazioni e possibilità ed in coerenza con la capacità della struttura organizzativa di presidiare le "posizioni chiave" a breve, medio e lungo periodo, che consentono di assicurare all'organizzazione la continuità gestionale. 
L’analisi dei ruoli, congiunta all'analisi delle competenze, delle prestazioni e del potenziale delle persone in organico, consente la possibilità di evidenziare congruenze ed incongruenze fra le caratteristiche dell'individuo e le caratteristiche richieste dalla posizione ricoperta o da  una posizione successiva o diversa.
La progettazione dei percorsi di carriera individuali si fonda pertanto sul confronto tra i risultati delle valutazioni delle competenze e del potenziale con i Profili di Ruolo/Profili delle Competenze di Ruolo  delle posizioni finali ed intermedie che si prevede che il candidato sarà in grado di arrivare a ricoprire a mezzo di mobilità  orizzontale o verticale.
Dalla pianificazione delle carriere discende la pianificazione delle successioni rappresentata dalle Tavole di Rimpiazzo che è il sistema atto a selezionare quali dipendenti sono o sarebbero in grado di coprire Ruoli chiave eventualmente scoperti. Sintesi generale della pianificazione delle successioni è la matrice Successori/Ruoli Chiave.

Output documentali di questa fase del progetto sono:
- Format SCHEDA PERCORSO DI CARRIERA INDIVIDUALE (formalizzazione a cura della consulenza)
- Format TAVOLE DI RIMPIAZZO (formalizzazione a cura della consulenza)
- Format MATRICE “SUCCESSORI/RUOLI CHIAVE” (formalizzazione a cura della consulenza)
- SCHEDA PERCORSO DI CARRIERA INDIVIDUALE compilata per ogni candidato (formalizzazione a cura della consulenza)
- TAVOLE DI RIMPIAZZO compilate per ogni candidato (formalizzazione a cura della consulenza)
- MATRICE “SUCCESSORI/RUOLI CHIAVE” compilata (formalizzazione a cura della consulenza)
- il REPORT sintetico dell'attività svolta in ognuna delle giornate di lavoro realizzate (formalizzazione a cura della consulenza).

STEP 5.  “Definizione dei piani individuali di sviluppo delle competenze”
Diretta conseguenza dei piani individuali di carriera e della realizzazione delle Tavole di Rimpiazzo è l’identificazione di specifici piani formativi differenziati a seconda dei gap individuali di competenza rilevati in sede di valutazione rispetto alle competenze richieste dal Profilo di Ruolo a tendere e/o dal Profilo di Ruolo ricoperto in modo non completamente soddisfacente.
I Piani Formativi individuali indicheranno:
- le conoscenze da acquisire/migliorare ed il livello atteso
- le capacità tecnico-professionale da acquisire/migliorare ed il livello atteso
- le capacità emotivo-relazionale da acquisire/migliorare ed il livello atteso.
Per ognuna delle conoscenze e delle capacità oggetto del piano formativo sarà proposto uno specifico percorso formativo che potrà contemplare, a seconda delle conoscenze o delle capacità da sviluppare:
- attività d'aula,
- fad,
- letture,
- affiancamenti,
- addestramento sul campo
- partecipazione a project work,
- analisi di casi/problematiche aziendali
- coaching
- deleghe di attività con controllo a step intermedi del Responsabile.
Ogni step formativo dovrà essere seguito da una attenta verifica dei risultati che certifichi  il raggiungimento o meno dei risultati attesi.

Output documentali di questa fase del progetto sono:
- Format PIANO FORMATIVO INDIVIDUALE (formalizzazione a cura della consulenza)
- PIANI FORMATIVI INDIVIDUALI compilati per ogni candidato (formalizzazione a cura della consulenza)
- il REPORT sintetico dell'attività svolta in ognuna delle giornate di lavoro realizzate (formalizzazione a cura della consulenza).
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IL D.LGS 231/01



COME ORGANIZZARSI PER EVITARE
LA RESPONSABILITA' AMMINISTRATIVA

di Luca Borgonovo, Amm. Unico di SIRIO



"Societas delinquere potest"
La riforma introdotta con il D. Lgs 231/01 ha modificato sostanzialmente il quadro delle responsabilità giuridiche delle società/enti e dei propri amministratori ed organici. Alla responsabilità "penale" della persona fisica che ha materialmente commesso il fatto di reato si affianca quella del tutto autonoma dell'ente.
L’adozione del modello di organizzazione,  gestione e controllo prevista dal D.Lgs. 231/01 come facoltativa si tramuta così in esigenza indispensabile al fine di evitare l’esposizione della società alle conseguenze previste per la responsabilità  degli illeciti commessi da amministratori e dipendenti.
La “responsabilità amministrativa” prevista dal decreto consente infatti di colpire il patrimonio degli enti e, quindi, l’interesse economico dei soci (direttamente tramite sanzioni pecuniarie o indirettamente tramite, ad es., l’interdizione dall’esercizio dell’attività).
L'ente è considerato responsabile sia se il reato è stato commesso “a suo vantaggio”  sia se lo stesso è stato compiuto “nel suo interesse” (D.Lgs. 231/01, art. 5, co. 1): non è pertanto necessario che l'ente abbia  conseguito un “vantaggio” concreto ma è sufficiente che l’autore del fatto di reato abbia agito “nell’interesse” dell’ente. Pertanto, l’ente che vuole evitare sia il rischio di reati sia il rischio di sanzioni è chiamato ad implementare al suo interno un sistema di “security” che rappresenta anche il sistema di esonero dalla responsabilità amministrativa.
Tale sistema  consiste:
a) nell'adozione e nell'efficace  attuazione di  modelli di organizzazione, gestione e controllo  idonei a:
  1)prevenire reati della specie di quelli previsti dal decreto
  2)dimostrare che le persone che hanno commesso un reato abbiano eluso fraudolentemente i modelli di organizzazione e di gestione (D.Lgs. 231/01, art. 6, co. 1).
b) nell'istituzione ed attivazione di un Organismo di Vigilanza preposto al compito di vigilare sulla efficacia del modello. Solo un adeguato sistema di “security” può difatti garantire l'ente ed insieme esonerarlo dalla responsabilità amministrativa in occasione di un ipotetico e malaugurato procedimento penale in cui il giudice indagherebbe non solo l'adozione di modelli organizzativi, gestionali e di controllo ma anche e soprattutto la loro concreta “idoneità” a prevenire la commissione delle fattispecie costituenti reato (giudizio combinato di validità e di efficace attuazione).

LE FASI DEL LAVORO:

1) effettuare un check iniziale:
 a) delle singole aree di responsabilità/ dei singoli processi correlabili ai rischi di reato previsti dal D.Lgs. 231/01
 b) dei sistemi di controllo interno attivi.
Tale fase si conclude con la formalizzazione del “Documento di Analisi del rischio” che individua:
- le aree/processi aziendali sensibili al rischio di reato,
- la correlazione possibile con le tipologie di reato da prevenire,
- le modalità attraverso cui tali reati possono essere commessi (coerentemente con le peculiarità del settore di attività),
- l'indicazione dei sistemi di controllo presenti.

2) analisi di adeguatezza dei sistemi di controllo esistenti,  validazione dei sistemi di controllo presenti e giudicati soddisfacenti, individuazione delle eventuali esigenze di modifica/integrazione di sistemi giudicati insoddisfacenti, individuazione dell'esigenza di  sistemi di controllo ulteriori.
Tale fase si conclude con la formalizzazione del “Documento di Analisi dei sistemi di controllo”

3)
condivisione/formalizzazione, in apposito documento aziendale, dei principi comportamentali generalmente validi per tutti i settori di attività e per l’intera popolazione aziendale (Codice Etico). Tali principi, integrati da specifiche prescrizioni di buona condotta relative ai processi a rischio rilevati (Protocolli – vedi fase 5) e dalla regolamentazione che prevede sanzioni per i trasgressori (Sistema Sanzionatorio), dovranno essere diffusi a tutto l'organico aziendale e continuamente verificati nel loro rispetto e nella loro validità (Formazione).

4)
condivisione delle modifiche/integrazioni dei  protocolli di controllo giudicati  insufficienti e dei nuovi protocolli che regolamentano i nuovi sistemi di controllo giudicati necessari per  la corretta gestione dei processi a rischio.

5)
implementazione del sistema  di tutela dal rischio di reati a rilevanza amministrativa per l'ente. In questa fase si intende costituire ed attivare il sistema di  controllo sul rispetto, l'adeguatezza nel tempo e l'efficacia del sistema di tutela preventiva costruito. Istituzione dell’ “Organismo di Vigilanza (OdV)”  in coerenza con le indicazioni della giurisprudenza e delle linee-guida di Confindustria,  nel rispetto dei principi di  autonomia, professionalità e continuità d’azione previsti dalla legge per tale organismo.
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IL CHANGE MANAGEMENT : NECESSARIO PER USCIRE DALLA CRISI



COME IMPOSTARE UN PROGETTO
DI CHANGE MANAGEMENT
IN AZIENDA
PER RISPONDERE IN MODO EFFICACE ALL'ATTUALE SITUAZIONE DI MERCATO
di Luca Borgonovo, Amm. Unico di SIRIO



Obiettivo di un progetto di "Change Management" oggi è certamente quello di attuare il cambiamento culturale ed organizzativo necessario a rispondere efficacemente alla situazione di crisi di mercato che sta logorando imprenditori e lavoratori di tutt'Italia (e non solo).
Obiettivi essenziali da realizzare sono pertanto:
1) il ripensamento della propria identità aziendale e del proprio business in funzione della mutata situazione di mercato,
2) l'adeguamento della propria struttura organizzativa e gestionale all' identità ed al business  
3) l'integrazione interfunzionale sui processi/progetti "core"  che sono gli unici che comandano
4) la responsabilizzazione di tutti (team e singoli) sui risultati piuttosto che sull'esecuzione di compiti. 

In termini più specifici gli obiettivi che il progetto di Change Mangement deve traguardare sono i seguenti:

1.Il “team” deve divenire il modello relazionale di riferimento in grado di favorire l’integrazione interfunzionale, la comunicazione, la condivisione e la motivazione alla collaborazione (possono nascere  pertanto:il Comitato di Vertice, Comitato di Direzione, Team di Processo/Progetto, Team di Miglioramento Specifico, Team di Preventivo e Team di Commessa);
2.la "macrostruttura organizzativa" (missione, visione, valori, aree strategiche e disegno organizzativo funzionale e processivo) deve essere ripensata in coerenza con l'identità aziendale, il business di riferimento, la cultura vigente in azienda, l'esigenza di ottimizzazione dei processi "core" a mezzo del lavoro in team;
3.deve essere ripensata la "microstruttura organizzativa e processiva" in coerenza con la  nuova macrostruttura e devono pertanto essere adeguati i “Profili di Ruolo” ed i relativi "Profili di Competenza" alle esigenze delle microstrutture organizzative e processive condivise;
4.il sistema informativo aziendale deve contemplare un miglior uso delle riunioni nonché  sistemi di gestione a vista che riportino gli obiettivi dei Team e l’andamento dei relativi  indicatori di risultato;
5. deve essere definito e strutturato un sistema di sviluppo delle competenze del personale basato sulla formazione e sul coaching/mentoring interno (modello anglosassone) che premi le aspirazioni meritevoli di crescita nel ruolo e di passaggio di ruolo;
6. deve essere ridefinito in coerenza con tutti i punti precedenti il sistema di valutazione dei risultati dei singoli e dei Team ed il collegato sistema motivazionale e premiante.

Il processo di Change Management può pertanto essere articolato almeno nelle 4 fasi a seguito descritte in modo dettagliato:

FASE 1) Formazione propedeutica di preparazione al Change Management
Questa fase intende preparare il personale aziendale al cambiamento culturale, organizzativo e gestionale necessario ad uscire vincenti dall'attuale situazione di crisi dei mercato. Con la formazione propedeutica si forniscono al gruppo dirigente nonchè al gruppo dei capi intermedi tutte le informazioni e le conoscenze essenziali per approcciare costruttivamente al cambiamento da realizzare. Si insiste sull'importanza del lavoro in team e sulla partecipazione propositiva di tutti al  miglioramento continuo. Ogni sessione formativa realizzata in questa fase è anticipata da una riunione aziendale in cui il Resp. della Formazione spiega le motivazioni che stanno alla base del percorso formativo in start up.
FASE 2) Ripensamento Strategico (identità e business):
Con questa fase si entra nella progettazione del cambiamento organizzativo e gestionale. I passi da realizzare sono i seguenti:
a) devono essere ripensate/definite le linee guida per lo sviluppo futuro dell’azienda che consistono in: missione,  visione e valori aziendali, piano strategico di massima per l'attuazione della visione, macrodisegno organizzativo e processivo;
b) devono essere ripensate/predisposte  coerenti microstrutture organizzative: funzionigramma, organigramma e disegno processivo;
c) devono essere ripensati/realizzati i Profili di Ruolo ed i corrispondenti Profili di Competenza di tutte le posizion i organizzative previste in azienda;
d) ogni responsabile di funzione deve quindi predisporre un piano di sviluppo per ognuno dei propri collaboratori diretti. L'obiettivo è quello di colmare i gap di competenza evienziati nel confronto con i Profili predisposti e insieme assicurare la corretta interpretazione del nuovo Profilo di Ruolo nel rispetto dei valori e della vision aziendale.
FASE 3) Riprogettazione ed attuazione dei nuovi sistemi di valutazione, di motivazione e di premi
In queasta fase si procede a:
a)progettare ed attuare il nuovo sistema di valutazione dei risultati aziendali conseguiti dai singoli e dai team in attuazione della nuova macrostruttura e delle nuove microstrutture;
b)progettare ed attuare il nuovo sistema di motivazione e di premi collegato al sistema di valutazione dei risultati.
FASE 4) Attivazione del nuovo modello organizzativo:
Con questa fase del lavoro si realizza la messa in atto di tutto quanto progettato. Partecipa tutto il personale in funzione delle proprie responsabilità organizzativo/gestionali definite dai nuovi Profili.
In questa fase l'attività di supporto al management (compresi i capi intermedi) da realizzare è tipicamente di empowerment e può contemplare sia una fase di formazione specifica sia e soprattutto una fase di coaching ai singoli manager/capi e ai neo costituiti Comitati e Team. A intervalli prestabiliti sono poi attivate sessioni si assessment per la valutazione dello stato d'avanzamento del cambiamento organizzativo e gestionale progettato a seguito delle quali possono opportunamente essere attivate  azioni correttive/di sostegno ai metodi, ai Team e/o ai singoli.
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LE METODOLOGIE GESTIONALI A SUPPORTO DEI PROCESSI DI CHANGE MANAGEMENT



Il SELF ASSESSMENT AZIENDALE 
in 8 passi

di Luca Borgonovo, Amm. Unico di SIRIO



Il SELF-ASSESSMENT AZIENDALE in 8 passi:

Il processo di Self-Assessment (autovalutazione) può essere implementato in azienda attraverso una metodologia ordinata e organizzata in 8 step. Prima di elencare tali passi, è bene ricordare che il Self-Assessment può essere avviato prendendo in considerazione l’intera organizzazione oppure una sola  parte di essa (un'unità organizzativa, una direzione, un processo, una funzione).

STEP 1: GUADAGNARE E MANTENERE L’IMPEGNO DEL MANAGEMENT
Per avere significative probabilità di successo è necessario in primis che i vertici aziendali siano decisi promotori e sostenitori dell'iniziativa.
Per incoraggiare l’impegno dei manager che dovranno gestire il processo o dovranno essere valutati a mezzo del processo si deve:
Presentare il Self-Assessment come uno strumento strategico che permette all’organizzazione di focalizzarsi su ciò che è fondamentale per la stessa
Sottolineare l’importanza del processo nell’evidenziare le principali caratteristiche, esigenze e/o criticità del  business
Indicare quali altre organizzazioni hanno migliorato la loro posizione competitiva in seguito all’implementazione del processo.
La cultura organizzativa ed il livello di comprensione dei concetti fondamentali di TQM incidono notevolmente sulla possibilità di applicare il processo con successo. Generalmente, infatti, è bene che nell’organizzazione predomini una cultura di miglioramento continuo che sia ben compresa da tutti i membri dello staff  e dal management  in particolare.

STEP 2: SVILUPPARE UNA STRATEGIA DI COMUNICAZIONE
E’ importante sviluppare una chiara strategia per il messaggio che si intende comunicare. Il Self-Assessment non deve infatti essere percepito come uno processo burocratico ma deve anzi essere presentato come un importante componente della formulazione strategica e del business planning. Altrettanto importante è chiarire come il Self-Assessment si pone rispetto alle altre iniziative già introdotte nell’organizzazione (5S, TPM, SPC, progetti di CHANGE MANAGEMENT, SISTEMI QUALITA', etc.) E’ necessario inoltre individuare il mezzo di comunicazione più adeguato ai diversi soggetti che si desidera raggiungere. Ad esempio, possono essere adottati discorsi mensili, riunioni, reports periodici, … 

STEP 3: PIANIFICARE IL PROCESSO DI SELF-ASSESSMENT
Esistono alcune tecniche differenti per implementare il Self-Assessment. Tra queste le più utilizzate sono il Questionnaire e  l'Assessment Workshop. Non è possibile identificare a priori la tecnica migliore, occorre bensì valutare quale sia la più idonea alla propria organizzazione. A questo scopo occorre esaminare la cultura che domina all’interno dell’organizzazione in questione (ad esempio applicare l'Assessment Workshop implica un’atmosfera di collaborazione nel management team) ed identificare i risultati che si desidera conseguire. E’ comunque possibile, anzi spesso consigliato, implementare tecniche diverse contemporaneamente.
Importante è poi predisporre momenti di esame dei risultati con una periodicità correlata all’ambiente in cui l’organizzazione opera: se, ad esempio, il mercato è altamente dinamico e cambia rapidamente sono necessari feedback più ravvicinati. Inoltre è utile una strategia per il Self-Assessment che deve riguardare un ampio orizzonte temporale con differenti tecniche da applicare nell’organizzazione man mano che questa diventa più matura.
Occorre valutare a quale livello dell’organizzazione implementare il Self-Assessment: è possibile prendere in considerazione tutti i livelli, oppure focalizzarsi su alcuni; spesso comunque si procede con progetti pilota in alcune aree definite. Per individuare dove applicare inizialmente il processo è bene valutare quali unità possono rivestire il ruolo di precursori (“early adopters”), chi mostra una naturale disposizione al miglioramento, quali livelli possono essere idonei per valutare il processo in sufficiente dettaglio, dove sussiste una struttura di management chiaramente definita,…
La pianificazione del processo deve comunque prendere in considerazione tutti i seguenti fattori:
Principali inputs
Principali stakeholders (sia “esterni” come clienti e fornitori, sia “interni”come i dipendenti)
Ambiente esterno
Principali outputs

STEP 4: SELEZIONARE E MOTIVARE LE PERSONE DIRETTAMENTE COINVOLTE NEL PROCESSO

Applicare il Self-Assessment può implicare la definizione di numerosi ruoli tra i quali:
Sponsor: generalmente il senior manager che ha il compito di motivare e dirigere l’introduzione e l’attuazione del Self-Assessment, di assicurare la disponibilità di risorse umane e finanziarie, di comunicare scopi e vantaggi, di attenuare i conflitti, di riesaminare il processo
Project manager: colui che si assume la responsabilità dell’esito positivo del processo e che deve dirigere il Self-Assessment team, pianificare le azioni da intraprendere, valutare i risultati, individuare eventuali azioni correttive, motivare le persone coinvolte, amministrare le risorse finanziare, monitorare il processo
Staff: costituito da coloro che contribuiscono al processo mettendo a disposizione tempo e conoscenze, e devono comprendere e comunicare all’esterno scopi e vantaggi
Facilator: colui che ha il compito di agevolare il processo di decision-making, ed è molto importante in quelle fasi del Self-Assessment in cui il gruppo si riunisce per discutere e prendere le decisioni fondamentali che riguardano gli step successivi
Data gatherer: colui che ha il compito di ricavare i dati e le informazioni che saranno utili ai membri del team, e che quindi deve comprendere le esigenze del Modello, registrare i dati, identificare le fonti di dati ed assicurarsi che le informazioni raccolte siano significative ed aggiornate
Report writer: colui che ha il compito di stendere reports completi e coerenti
Occorre ricordare che per motivare e potenziare le risorse umane è opportuno dare alle persone coinvolte nel processo di Self-Assessment la possibilità di frequentare corsi di formazione che sviluppino ed incrementino competenze e conoscenze.

STEP 5: CONDURRE IL SELF-ASSESSMENT
Il principale obiettivo del Self-Assessment è identificare i punti di forza di un’organizzazione e le aree suscettibili di miglioramento. A tal scopo può essere un utile strumento il cosiddetto RADAR Pathfinder card: si tratta di una serie di quesiti ai quali rispondere per implementare nel modo più efficace ed efficiente il Self-Assessment. Tali quesiti permettono di identificare e focalizzarsi su:
OUTPUT (RISULTATI): ciò che l’organizzazione intende conseguire. I risultati devono riguardare la performance dell’organizzazione (dal punto di vista finanziario, operativo, attuativo di linee guida, indicazioni, cambiamenti condivisi, etc). In un’organizzazione eccellente i risultati mostrano un trend positivo ovvero, con il passare del tempo, si conseguono risultati sempre più significativi. La performance dell’organizzazione potrebbe poi essere confrontata con quella di altre imprese per valutare in modo migliore la propria posizione competitiva. Possibilmente il confronto dovrebbe riguardare le migliori organizzazioni esterne (“best in class”) come suggerisce la tecnica del Benchmarking. Inoltre, è opportuno analizzare la relazione di causa-effetto tra metodi adottati e risultati conseguiti.
PIANI: ciò che l’organizzazione pianifica per conseguire i risultati. Le organizzazioni eccellenti adottano piani che mirano a soddisfare i bisogni attuali e futuri dell’impresa e degli stakeholder e si focalizzano su processi ben definiti. Tali piani  devono essere ben integrati tra loro e con la strategia e la Mission/Vision dell’organizzazione e rispettare i Valori aziendali.
IMPLEMENTAZIONE: ciò che un’organizzazione fa per realizzare gli Output/Risultati  decisi a mezzo di un sistema di Piani integrati coerenti.
VERIFICHE E RIESAMI: ciò che un’organizzazione fa per riesaminare e migliorare i metodi adottati e la loro implementazione. In un’organizzazione eccellente i metodi e la loro implementazione sono soggetti a periodiche misurazioni nell’ottica del miglioramento continuo

STEP 6: CONSIDERARE OBIETTIVI E PRIORITA’

Fondamentale è prefiggersi il prima possibile i risultati da conseguire e stabilire delle priorità. E’ importante comunque rapportare i risultati con la strategia ed il processo di business planning ed è bene quindi che l’esame degli obiettivi sia responsabilità del vertice aziendale. Inoltre stabilire delle priorità permette di mantenere elevata la motivazione del personale coinvolto che si potrà concentrare su un numero definito e limitato di obiettivi principali. A tal scopo bisogna quindi, una volta identificate le aree e le questioni principali e suscettibili di miglioramento (Step 5), rispondere ad una serie di quesiti, quali: Cosa è importante per noi? Dove è necessario migliorare? Quali aree sono fondamentali per nostro business?…
Per poter definire le priorità tra le azioni di miglioramento che si desidera intraprendere è necessario considerare alcuni importanti fattori: l’impatto del cambiamento richiesto rispetto ai punti di forza e di debolezza aziendali,  la facilità o difficoltà di implementare il cambiamento,  la catena del valore (per poter distinguere ciò che è essenziale da ciò che non lo è).

STEP 7: STABILIRE ED IMPLEMENTARE PIANI D’AZIONE
Occorre stabilire un metodo strutturato per implementare i piani d’azione fissati, che si può comporre dei seguenti passi:
Produrre una sintesi dei problemi da affrontare
Definire ciò che è necessario realizzare
Determinare gli indici di successo
Pianificare il tempo a disposizione e l’utilizzo delle risorse
Definire le responsabilità
Assicurarsi che le azioni siano coerenti con il processo di pianificazione dell’intera organizzazione
Importante è comunque comunicare a tutte le parti interessate i piani d’azione.

STEP 8: MONITORARE L’EVOLUZIONE DEI PIANI D’AZIONE E RIESAMINARE IL PROCESSO DI SELF-ASSESSMENT
Il processo di implementazione delle azioni di miglioramento deve essere periodicamente riesaminato ad esempio includendo l’analisi delle azioni derivanti dal Self-Assessment nei momenti di verifica e controllo già consolidati all’interno dell’organizzazione. Inoltre, registrare i risultati ottenuti è utile per successivi Self-Assessment e per mantenere elevato l’impegno del management. Le domande che i responsabili del riesame dovrebbero porsi in questa fase possono essere: abbiamo raggiunto ciò che avevamo stabilito? Abbiamo rispettato tempi e budget? E’ possibile ampliare gli scopi del Self-Assessment? Sono state coinvolte le persone più idonee? I metodi di raccolta dati sono stati efficienti? Come sono state utilizzate le informazioni raccolte? Quali sono le conseguenze dell’implementazione del Self-Assessment?…
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LA RISTRUTTURAZIONE ECONOMICA E FINANZIARIA PER PORTARE LA PROPRIA AZIENDA FUORI DALLA CRISI



LA RISTRUTTURAZIONE ECONOMICA E FINANZIARIA PER PORTARE LA PROPRIA AZIENDA FUORI DALLA CRISI
 
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1) Come dice il detto popolare, a tempi di vacche grasse si alternano sempre tempi di vacche magre. Ciò sta a significare che il tempo della “crisi”  è normale così come è normale il tempo della ripresa e della crescita. In borsa sono utilizzati i termini TORO e ORSO, nello studio del ciclo di vita di un qualunque prodotto/servizio si parla del tempo dello SVILUPPO e del tempo del DECLINO, etc. Orso, Declino, Crisi non significano quindi fine dei giochi, sono eventi come altri che  l'imprenditore/il manager devono affrontare e gestire con strategie e strumenti appositi così come con strategie e strumenti appositi gestiscono le  fasi di SVILUPPO, TORO del ciclo di vita. Certo, situazione ideale è quella in cui in tempi di vacche grasse ci si prepara a scongiurare momenti di crisi con opportune strategie e  adeguati investimenti (es: diversificazione dei fornitori, diversificazione del prodotto/servizio, identificazione e fidelizzazione di stakeholders, diversificazione dei mercati, diversificazione dei clienti, diversificazione dei marchi, diversificazione dei canali distributivi e di vendita, etc.). Buona norma, in tempi di vacche grasse, è anche quella di costituire un “salvadanaio” da rompere quando si presentano i tempi delle vacche magre e che permette la sopravvivenza per un tempo “x” (è il concetto della scorta minima e poi della scorta di sicurezza: ognuno conosce la propria situazione e dovrebbe saper quantificare per la propria realtà i livelli adeguati). Ma non sempre la situazione ideale si realizza e così, in tempi di vacche grasse, può accadere che ci si dimentichi del fatto che la normalità è ciclica, fatta da alti e bassi. Presi a correre dietro l'impellenza della quotidiana emergenza (anche questa divenuta “normalità” nella nostra anomala cultura industriale), l'imprenditore/il manager non trova il tempo per cogliere e studiare i segnali del mercato, quelli che consentono di prevedere e quindi di attuare le strategie su menzionate. E così, ad un certo punto, la crisi sembra piombarci addosso quasi come se si trattasse di un agguato. In realtà così non è, la crisi, come tutte le crisi, si fa preannunciare da una quantità innumerevole di indizi: saturazione dei mercati dei beni durevoli, operazioni finanziarie spregiudicate e qualche crak finanziario, bolle speculative (vedi ad esempio il mercato dei titoli quotati nelle Borse, il prezzo degli immobili, etc.), etc. Ciò detto, può essere che qualcuno di noi si sia accorto troppo tardi dei segnali premonitori. Se così è 2 sono le cose da fare: 1) se la crisi ci ha  sorpreso nel sonno svegliamoci e prepariamoci a reagire 2) non dimentichiamo di fare tesoro dell' esperienza e, risolta l'emergenza, cambiamo comportamenti e prepariamoci ad affrontare preventivamente la prossima crisi che potrebbe essere dietro l'angolo. Non è pessimismo, il pessimismo non ha senso nella gestione d'azienda così come, d'altro canto, non ha senso nemmeno l'ottimismo. E' solo il realismo che serve a imprenditori e manager. Solo il realismo è certezza,  pessimismo e ottimismo sono invece  illusioni e, come tali, sono entrambe fuorvianti. Esempi: non perchè Merchionne fa accordi con GM, Chrysler, Opel tutti i fornitori attuali di FIAT continueranno ad esistere, non tutti i dipendenti in Cassa Integrazione torneranno a lavorare e il tempo in cui noi acquistavano  tutte le automobili che FIAT produceva non tornerà più. Altro esempio: non perchè ALITALIA non è fallita tutto è tornato ad essere come era prima della cessione per dipendenti, fornitori, clienti e concorrenti. Tutti noi ci troveremo così a gestire ben presto ulteriori crisi figlie della crisi primaria.   Forse ci può consolare sapere che questa crisi, come quella del '29, si studierà nei nostri corsi di laurea in Economia e/o Mnagement per chissà quanti anni ma è anche vero che questa crisi non ha interessato tutti i mercati e tutte le aziende allo stesso modo: l'auto è in crisi ma AUDI ha chiuso un buon 2008, le “micro auto” hanno avuto e stanno continuando ad avere un trend positivo; l'abbigliamento è in crisi ma ZARA vola; altri settori: IKEA va bene, il settore Aerospaziale “vola”, il settore dei prodotti ecosolidali e biologici è entrato nel nostro sistema valoriale che rappresenta una forte leva motivazionale all'acquisto, il sistema bancario si dichiara  in crisi eppure nascono continuamente nuove Banche, etc. Quindi, sintetizzando, patrimonializziamo intanto il concetto essenziale che: LA CRISI E' SIA EVITABILE  SIA RISOLVIBILE REALIZZANDO RIGOROSAMENTE E RAPIDAMENTE  LE PIU' OPPORTUNE   STRATEGIE ECONOMICHE,  FINANZIARIE E DI PRODOTTO/ SERVIZIO/ MERCATO. Il nostro convegno affronta le prime due.
2)Le strategie Economiche e Finanziarie per fronteggiare la crisi: l'impresa in crisi è caratterizzata dal fatto di non riuscire più a produrre la ricchezza che serve a garantirsi il buon funzionamento. In  tale condizione anche le fonti di approvvigionamento finanziario si riducono drasticamente in quanto gli enti finanziatori riconoscono nell'azienda cliente uno stato di rischio inaccettabile. I due fenomeni insieme possono portare alla fine dell'impresa se l'impresa non riesce a costruire ed attuare rapidamente un piano di rilancio industriale (turnaround) efficace  e credibile.  Con il termine turnaround si intende, nell'ambito aziendale, il piano di risanamento e di ristrutturazione profonda di un'azienda  in crisi. Il turnaround verte su due momenti, il primo volto a porre termine alle cause, ove possibile, che hanno portato alla crisi dell'azienda, il secondo teso al perseguimento di un piano di recupero della redditività. Un Piano di Turnaround  efficace prevede pertanto:  A) UN PIANO DI RIDUZIONE DRASTICA DEI COSTI ; B)  UN PIANO DI RILANCIO COMMERCIALE; C) UNA RIPIANIFICAZIONE FISCALE; D) UN PIANO DI RISTRUTTURAZIONE SOCIETARIA/PATRIMONIALE;   E) UN PIANO DI IDIVIDUAZIONE DI ADEGUARE FONTI FINANZIARIE.
3)Il Piano di riduzione drastica dei costi: la prima domanda da porsi è: a quali voci di costo non si può rinunciare? Quelle sono le uniche da mantenere. Tutte le altre andrebbero eliminate. E quali sono i costi a cui non si può rinunciare? Sono quelli che partecipano a produrre valore per il cliente, che il cliente percepisce ed è disposto a pagare (es: costi per la qualità del prodotto inteso nelle sue 3 componenti: contenuto, contenitore e servizio). Oltre questi costi essenziali vanno mantenuti  quei costi che vengono sostenuti per svolgere attività necessarie ed ineliminabili anche se non finalizzate a produrre valore per il cliente (es: costi dell'amministrazione,  costi per la sicurezza sul lavoro, costi di assicurazione, etc).  L'obiettivo da conseguire con fermezza diviene pertanto quello di tagliare tutti i costi a cui non si può rinunciare. Di quanto tagliarli? Di tutto quello che si può. L'obiettivo è quello di riportare i costi entro livelli compatibili con i ricavi da “crisi”. Esempi: assicurazioni, rinunciare a tutte quelle non strettamente necessarie, ricontrattare tutte quelle necessarie confrontando preventivi di fornitori diversi dichiarando ai potenziali fornitori che vincerà chi porterà il massimo ribasso. La sincerità e la fermezza sono  essenziali per la riuscita della strategia.; energia, ridurre i consumi al minimo necesario. Alcune aziende hanno spostato la produzione nelle ore della giornata (es: ore notturne) in cui l'energia costa meno. Verificare se cambiando fonte di approvvigionamento si possono ottenere riduzioni di costi; amministrazione, valutare la possibilità di rinunciare ai sostegni degli studi di consulenza esterni riportando in casa attività date all'esterno. Utilizzare i consulenti solo per gestire le eccezioni; mano d'opera,  rivedere tempi e metodi di lavoro, layout del posto di lavoro, ordine ed organizzazione delle attrezzature, dei materiali, dei documenti indispensabili, tutto ciò per recuperare tempi morti (attese), sprechi di tempo trascorso a cercare quello che non si trova, a realizzare lavorazioni senza metodo e senza rispetto di tempi ciclo generando, talvolta, anche difettosità, rilavorazioni e problematiche che alimentano solo  costi e disvalore. Possiamo ritenere, per esperienza vissuta, che in tanti casi una revisione seria del modo di lavorare può portare a recuperi importanti di tempo sprecato (fino al 40% del tempo teoricamente disponibile) consentendo, ad esempio, di riportare in casa attività affidate all'esterno in tempi di vacche grasse (manutenzioni, lavorazioni, consegne, etc.).  Nessuna voce di costo presente a bilancio può essere tralasciata. Più saremo capaci di essere integralisti nell'approccio al taglio dei costi e maggiori saranno i risultati ottenuti che consentiranno di recuperare margine e consentire la ripresa. Ma le operazioni sui costi non finiscono quì. Si può e si deve ancora intervenire sulla natura dei costi. Tutti noi sappiamo che i costi si suddividono in FISSI e VARIABILI. I costi fissi sono quei costi che non variano al variare dei volumi di produzione (es: stipendi, rete dei mutui, affitti, etc). I costi variabili sono quelli che invece variano proporzionalmente al variare dei volumi di produzione (es: materie prime, energia, manutenzione). Come si intuisce facilmente, quei fattori della produzione che per loro natura danno origine a costi fissi non sono affatto ideali in momenti di crisi. Risultano invece molto più adeguati alla situazione di crisi i fattori della produzione che per loro natura danno origine a costi variabili e che pertanto diminuiscono in proporzione alla diminuzione del volume  prodotto. Si può quindi affermare che, se in momenti di vacche grasse i costi fissi sono preferiti ai costi variabili in quanto  incidono tanto meno sul costo unitario del prodotto quanto più aumenta il volume produttivo, in tempi di vacche magre la preferenza cambia a favore dei costi variabili. Strategia economica per tempi di crisi è allora anche quella di variabilizzare i costi. Esempi: contratti di consulenza con emolumento da pagare a “buon fine”, success fee,; premi di risultato piuttosto che aumenti di stipendio; lavoratori interinali piuttosto che assunzioni; cessioni di attività e rami di impresa marginali, cioè non rappresentativi del core-business aziendale, in modo da esternalizzare attività caratterizzate da prevalenza di costi fissi che in tal modo divengono variabili in quanto funzione degli ordini fatti al fornitore esterno. Esternalizzare attività, inoltre, potrebbe anche significare  liberare spazi che può voler dire: non pagare più affitti (riduzione dei costi), poter dare in affitto o poter vendere (aumento dei ricavi). I costi fissi generano RIGIDITA' , i costi variabili ELASTICITA'.  A livello di analisi di redditività aziendale, la strategia di  riduzione dei costi insieme a quella di variabilizzazione dei costi comporta un abbassamento del Punto di Equilibrio (Break Even Point) che significa un MOL positivo a partire già da un volume produttivo inferiore. Se per assurdo un'azienda riuscisse ad eliminare completamente i costi fissi, il MOL sarebbe positivo già a partire dal primo prodotto venduto. Ma se non si riesce a variabilizzare i costi come fare? L'editoria ci insegna: il “segreto” è quello di saturare. Esempio: l'editore che acquista la rotativa per la stampa del suo giornale la satura producendo anche i giornali della concorrenza. “Incredibile!!” potrebbe esclamare qualcuno, “così facendo fa il gioco della concorrenza!!”. Eppure, a ben guardare non è proprio così. Quell'imprenditore invece ha saputo ben separare i business: uno è il business della stampa dei giornali e l'altro è il business dell'informazione che prescinde da chi fisicamente stampa il giornale. Nel business dell'informazione la differenza la fa il “taglio” giornalistico, l'ideologia del lettore e del direttore della testata, lo stile e non chi stampa. Allora la regola è: se non  riusciamo a variabilizzare i costi fissi almeno saturiamo le risorse che li generano.
4)La contabilità analitica per centri di costo: nell'analisi dei costi è enormemente facilitato colui che ha implementato in azienda un sistema di rilevazione analitica dei costi per centro di costo poiché conosce esattamente  per quali dei propri processi/attività/prodotti/servizi vengono sostenuti i vari costi e quale entità di costo complessivo produce ogni processo/attività/prodotto/servizio cioè ogni centro di costo. Tale conoscenza analitica consente di fare scelte strategiche importanti quali la dismissione/cessione di attività/rami d'azienda o ancora le cosiddette scelte di “make or buy” piuttosto che le scelte di outsourcing/insourcing.
5)La diminuzione dei prezzi: non è inoltre da dimenticare che la riduzione drastica dei costi da un lato produce effetti immediati sulla redditività che cresce sensibilmente, dall'altro fornisce all'impresa la possibilità di effettuare strategie commerciali aggressive di penetrazione di nuovi mercati o di riconquista/ampliamento dei mercati/clienti  già serviti puntando su prezzi più competitivi (sconti “crisi”, collocamento di nuovi marchi con miglior rapporto prezzo/qualità, etc.). Insomma, la vita d'impresa è fatta così, di alti e di bassi. Non spaventiamoci ma piuttosto agiamo razionalmente e tempestivamente e non riduciamoci ad attendere tempi migliori o a sperare che qualcun altro risolva la crisi per tutti noi. Potremmo rimanere molto delusi.
Luca Borgonovo
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SANITA': in sperimentazione il COACHING



Il COACHNG sbarca all'ASL CE 1 per supportare il processo di CHANGE MANAGEMENT del settore infermieristico.

Il COACH è il Dott. Luca Borgonovo.




Nel corso degli anni  l’ASL di CE 1 ha messo a punto e ha sviluppato un’ ambizioso ma determinato percorso formativo per il personale sanitario. Non si è trattato di un percorso semplice ed anzi, qualche volta, è sembrato più un percorso ad ostacoli ma al Dott. Giovanni Chiriano, Direttore dell’UFA dell’ASL CE 1 e sponsor convinto del progetto, abilità e allenamento per superare gli ostacoli non sono mancati. Passo dopo passo e anche grazie al coinvolgimento di tutti gli stakeholders necessari, dalla DG dell’ASL a tutte le rappresentanze sindacali, dai Coordinatori a tutti gli infermieri, il cambiamento culturale auspicato è divenuto oggi realtà diffusa. Ecco la sintesi dei passi svolti:
 
  1. Analisi del ruolo di Coordinatore (Fase A);
  2. Formazione dei circa 300 Coordinatori sui più diffusi e necessari strumenti operativi di management ad uso dei Coordinatori per il miglioramento dell’efficacia, dell’efficienza e dell’economicità dei processi e delle prestazioni erogate (Fase A);
  3. Co-progettazione degli strumenti di management che costituiscono il Sistema di Management Infermieristico dell’ASL CE 1 a mezzo del team di co-progettazione  costituito dai Coordinatori formati e dai partners della SIRIO (Fase B);
  4. Formazione di tutto il personale infermieristico dell’ASL CE 1 sulle logiche, sulle motivazioni e sugli strumenti operativi di management infermieristico messi a punto dal team di co-progettazione (Fase C). 
  5. Coaching.  

Per assicurare che i Coordinatori infermieristici dell’ASL CE 1 garantiscano l’applicazione corretta, continuativa e standardizzata degli strumenti operativi di management condivisi, dalle Schede di Programmazione Turni, alle Schede di Monitoraggio delle Assenze, dalla Matrice della Polivalenza alle Schede di Miglioramento di Ordine, Organizzazione e Pulizia l’ASL CE 1 ha approvato un periodo di “allenamento” pratico “on the job” curato dai coaches del partner SIRIO. Missione della formazione continua aziendale non è infatti quella di fare cultura bensì quella di supportare le persone ad entrare a pieno e praticamente nel proprio ruolo  insegnando loro cosa fare e come farlo.Il coaching è il sistema che per questo obiettivo offre le maggiori garanzie di risultato ma non basta: il 2008 sarà anche l’anno delle verifiche periodiche sul corretto e diffuso utilizzo degli strumenti operativi di management. Solo appropriati indicatori di miglioramento possono dimostrare con i dati gli effetti della formazione continua sui risultati di efficacia, efficienza e qualità delle prestazioni.

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SANITA': Il Sistema di Management delle Professioni Sanitarie dell’ASL NA 2: un caso eccellente.



 Autore: Dott. Luca Borgonovo 
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 1) I Direttori L. Russo, A. Peluso e C. Barile.  2) La Dott.ssa A. Peluso in aula.   
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L' ASL NA 2 della Regione Campania  è oramai ad un passo dalla totale applicazione della Legge Regionale n°4 del 10 aprile 2001 che punta ad incrementare i livelli assistenziali e di salute riorganizzando i Servizi delle Professioni Infermieristiche ed Ostetriche, della Riabilitazione, Tecnico-Sanitarie e  della Prevenzione.
La legge, che come sappiamo chiede:

 - autonomia dei Servizi e dei ruoli previsti, 
 - integrazione pianificata e programmata delle risorse,
 - organizzazione dei processi gestionali, 
 - razionalizzazione nell'impiego delle risorse,
 - coivolgimento  del personale,

ha trovato rispondenza pratica nel Sistema di Management che la Direttrice del Servizio delle Professioni Sanitarie Infermieristiche ed Ostetriche, Dott.ssa Antonella Peluso, ha messo a punto insieme al partner SIRIO s.r.l. con il benestare ed il supporto pieno della Direzione Generale dell'ASL. Il sistema di management ha tradotto in regole interne al Servizio e strumenti operativi di gestione (dalla Scheda Infermieristica al Piano Ferie e Permessi, dalla Matrice delle Polivalenze alle schede di Monitoraggio delle Assenze) i requisiti della Legge Regionale rafforzando al contempo la consapevolezza da parte di tutti delle responsabilità delineate dai  Profili  Professionali di cui agli specifici D.M.
Il percorso è stato di medio-lungo termine e, a distanza di 3 anni dallo start, si sta arrivando all'implementazione totale del sistema di management nel Servizio delle Professioni Sanitarie Infermieristiche ed Ostetriche nonché ad iniziarne l'esportazione, seppur con le dovute differenze, agli altri Servizi delle Professioni Sanitarie in accordo con i Direttori Dott. Luigi Russo (Servizio delle Professioni Tecnico-Sanitarie) e Dott. Claudio Barile (Servizio delle Professioni Riabilitative).
Punti di forza dell'intero percorso realizzato sono stati di certo la determinazione con cui la Direzione ha sostenuto il progetto, la preventiva concertazione con tutte le rappresentanze sindacali del piano di "change management", la costituzione di un team di co-progettazione costituito da Posizioni Organizzative, Coordinatori e docenti SIRIO che ha condiviso passo dopo passo tutti gli strumenti gestionali di cui fornire il Servizio.
La collaborazione ed il supporto forniti dal Responsabile dell'UFA, Dott. Egidio Montibello, sono stati essenziali per strutturare e modulare attentamente nel corso dei 3 anni il percorso formativo con cui si è realizzato dapprima il processo di sviluppo delle competenze dei ruoli coinvolti nella fase di co-progettazione e successivamente  il percorso di formazione/addestramento di tutti gli operatori del Servizio sugli strumenti operativi del sistema di management.
Il sistema di management del Servizio delle Professioni Sanitarie Infermieristiche ed Ostetriche dell'ASL NA 2 è ad oggi pertanto completo di:
- Organigramma formalizzato del Servizio,
- Regolamento del Servizio che definisce le responsabilità e le attività principali di tutti i ruoli in Organigramma,
- tutti gli strumenti operativi ad uso di Posizioni Organizzative, Coordinatori ed Operatori che regolamentano ed al contempo documentano la corretta assunzione ed il corretto esercizio delle loro responsabilità, ad iniziare dalla Scheda Infermieristica completa della Diagnosi Infermieristica e del relativo Piano Assistenziale, ad arrivare a tutti gli strumenti per la gestione manageriale delle risorse umane e delle risorse materiali nel rispetto dello spirito di squadra  e delle responsabilità dei diversi ruoli in Organigramma.

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PREVENZIONE E SICUREZZA NEI LUOGHI DI LAVORO



PREVENZIONE E SICUREZZA NEI LUOGHI DI LAVORO.
Stato di attuazione del D.Lgs. 81/08 e scenari futuri


SALA MANCINI,
DIREZIONE GENERALE INPS



Articolo di Luca Borgonovo



INPS, sala Mancini, 12/05/2011: sono le ore 10.00 AM quando si aprono i lavori del convegno organizzato dall'Architetto Francesco di Maso, Coordinatore Generale Tecnico Edilizio INPS, sul tema dello stato d'attuazione del Testo Unico 81/2008 e degli scenari futuri in tema di salute e sicurezza sui luoghi di lavoro.
Per gli addetti ai lavori il tema è più che noto, la connotazione è tecnica, le aspettative sono pertanto tutt'altro che “emozionanti”, sono interessanti.
Ebbene, credo che  nessuno dei partecipanti possa smentirmi se affermo di essermi entusiasmato, di essere stato completamente spiazzato nelle mie aspettative da una qualità degli interventi non solo eccelsa per profondità di trattazione e dettaglio ma anche caratterizzata da uno stile di comunicazione coinvolgente, pratico, tutt'altro che cattedratico che ha trasformato la relazione in un'occasione di confronto ed apprendimento  più unica che rara. Ma veniamo ai fatti.

Aprono l'incontro i padroni di casa:  il Direttore Generale INPS, Dott. Mauro Nori, il Direttore Centrale Risorse Umane, Dott. Ciro Toma, l'Architetto Francesco Di Maso, patron dell'iniziativa congressuale.

La parola passa quindi alla moderatrice, Dott.ssa Wittfrida Mitterer, Università LUMSA di Roma, che presenta il primo dei relatori, il Dott. Michele Lepore dell'Agenzia Europea per la Sicurezza di Bilbao.

Lo stile del Dott. Lepore è subito incalzante. Il primo tema affrontato è quello dei rischi  psico-sociali in ambiente di lavoro, tema che l'Agenzia Europea, ci informa il relatore,  ha definito centrale nei prossimi 2 anni della propria azione.  Agenzia che sta anche predisponendo  uno strumento informatico che, a mezzo di una sorta di telefono cellulare,  consentirà la realizzazione della valutazione dei rischi sul lavoro e la diffusione dell'informazione a tutti gli interessati in real time.
Lepore  passa poi alla trattazione di uno degli aspetti che più stanno a cuore a molti degli astanti: la norma sanziona penalmente non solo per “non aver fatto” ma anche per “non aver fatto a sufficienza” per cui, nella catena delle responsabilità, non ci si salva dimostrando di aver adempiuto a compiti formali.
E' la  sostanza dei fatti che il giudice indaga, i reali comportamenti tenuti dai responsabili (Datore di Lavoro, Dirigenti, Preposti). Solo una corretta vigilanza e l'intolleranza del non rispetto dei requisiti per la sicurezza sono dimostrazioni di serietà di approccio al tema della sicurezza sul lavoro che garantiscono i responsabili.
Costruire un adeguato e reale modello di organizzazione e gestione per la sicurezza e vigilare sul suo rispetto e la sua efficacia è quanto le aziende ed i loro responsabili devono fare.
Grazie dottor Lepore, il suo intervento è stato un po' come la mia sveglia che tutte le mattine prima maledico, per avermi svegliato, e poi benedico,  per avermi svegliato.

La parola passa quindi al Prof. Francesco Avallone, Prorettore dell'Università “La Sapienza” di Roma. Non vi nascondo che il mio primo pensiero è stato: ok, adesso tocca sorbirsi la solita lezione.
Macchè!
Il Professore non fa il professore. Utilizza uno suo stile leggero e  cordiale, sembra quasi che si stia discutendo tra amici eppure,  la lezione c'è tutta e ... di prima qualità.
Il tema è quello della valutazione dello stress da lavoro correlato. L'accento è sulle connessioni, cioè sui rapporti causa-effetto tra variabili indipendenti (ambiente, comportamento, contenuto del lavoro,cultura aziendale,..), intermedie (conflitti interpersonali e di ruolo, conflitti intrapersonali efficienza operativo-gestionale), di moderazione (controllo sul lavoro, impegno, speranza per il futuro, ..) e la variabile  dipendente cioè lo stress da lavoro correlato. Il professore presenta  il modello operativo di analisi. E' logico, è chiaro, sembra quasi semplice. 2  le fasi della valutazione: la prima NECESSARIA (preliminare) e la seconda EVENTUALE (approfondita). La seconda si effettua solo se la prima ne evidenzia l'esigenza. Ma attenzione: lo stress è frutto di una percezione. La percezione è soggettiva e pertanto, per conoscerla, bisogna interpellare gli altri  vincendo la paura della partecipazione/condivisione che troppo spesso ci caratterizza.

E' il turno di Lorenzo Fantini, Ministero del Lavoro. L'accento torna ad essere sugli aspetti giuridici ed in particolare sullo stato dei lavori della Commissione Parlamentare per la Sicurezza sul Lavoro che, con i D.Lgs. 81 e 106 , rende centrale  il modello di organizzazione e gestione per la salute e la sicurezza sul lavoro. Il DVR (Documento di Valutazione dei Rischi)  è, per sua natura, solo un documento. La sua importanza non è la sua formalizzazione ma la sua reale, continua, cosciente, responsabile attuazione. La cultura dell'adempimento, insomma, non è più sufficiente. Il legislatore la ha superata  a favore della  nuova ed indiscutibile cultura dell'attuazione. Il lavoro della Commissione Parlamentare oggi è tutto in tale senso, rivolto alla realizzazione di strumenti ad uso delle aziende che ne agevolino, rendendoli più efficaci, i processi reali a salvaguardia della salute e della sicurezza sul lavoro. Il tempo della normazione si è concluso, la normazione è completa, è diffusa, ora c'è da diffondere la cultura della sicurezza e gli strumenti per farla.

Si avvicenda poi il Dott. Eugenio Pacelli, Università “La Sapienza” di Roma, che tratta il tema della “sindrome dell'edificio malato” che provoca stati patologici che vanno dal mal di testa alle irritazioni, dall'incapacità di concentrarsi   alla sonnolenza, stati tutti causati dalla cattiva e non controllata qualità dell'aria.

E' quindi la volta del Dott. Fulvio D'Orsi, Direttore dello SPRESAL RM/C, che  centra il suo intervento sull'attività dell'Organismo di Vigilanza  volto alla verifica della corretta applicazione delle norme tecniche per la prevenzione dei rischi e alla verifica della realisticità del Piano Attuativo per la riduzione/controllo dei rischi rilevati.
L'occasione è perfetta per ricordare a tutti i presenti che la valutazione dei rischi in azienda non è il FINE ma è invece il MEZZO da utilizzare a garanzia della salute e sicurezza, non è uno STATO bensì un PROCESSO  che, speriamo,  non finisca mai.

Oramai il pomeriggio è inoltrato ma i presenti non accennano a dare segni di stanchezza, anzi, siamo tutti in attesa del gran finale che, come promesso dal programma del convegno, non tarda ad arrivare.
Mi riferisco all'intervento di Raffaele Guariniello, PM di Torino, agli onori della cronaca anche per il drammatico accadimento  allo stabilimento torinese della ThyssenKrupp.
Trattasi di veri fuochi d'artificio ed in tanti rimaniamo a  bocca aperta.
Il tema è ancora quello della responsabilità giuridica:
- quella amministrativa delle società,
- quella penale degli amministratori,
- quella delle imprese nei confronti dell'INAIL.
Il PM prende ad esempio per la sua trattazione il caso delle SPA. Chi è il Datore di Lavoro in una SPA? Cioè, chi esercita i poteri decisionali e di spesa? Tradotto in termini legali, in capo a chi sta  la responsabilità penale?
Risposta: all'Amministratore Delegato e, a cascata, agli altri dirigenti delegati.
Sbagliato”, ci risponde il PM con i modi cortesi e la gradevolezza espressiva che lo caratterizzano.
E' la Corte di Cassazione a dare la risposta esatta: il Datore di Lavoro è individuato nell'insieme dei componenti del Consiglio di Amministrazione e non nel solo Amministratore Delegato.
Certo, il Consiglio di  Amministrazione può delegare alcune funzioni (non l'effettuazione della valutazione dei rischi e la redazione del relativo DVR, non la nomina del RSPP) ma mai la relativa responsabilità.
A questo punto, come direbbe qualcuno, “la domanda nasce spontanea” ed è la seguente: il dirigente delegato, affinchè la sua delega sia effettiva, deve accettarla formalmente?
Il PM risponde. E' una risposta dotata di chiarezza e ovvietà quasi disarmanti: la non accettazione è certamente consentita, motivata o immotivata che sia, ma ciò che è vero è che la responsabilità del dirigente così come quella del preposto, prescinde dalla delega. E' già presente ed effettiva. Lo dichiara  il D.Lgs.

IL PM torinese passa dunque ad affrontare il tema della responsabilità amministrativa delle società. Presupposto essenziale perchè si possa chiamare in causa tale responsabilità è la dimostrazione che il reato sia stato commesso a vantaggio o nell'interesse della società. Ma in quali casi  un reato colposo quale la lesione o l'omicidio può considerarsi commesso a vantaggio o nell'interesse della società?
I casi, purtroppo, non sono rari come in prima istanza si potrebbe immaginare, anzi, sono tanti, sono tutti quelli in cui si possa dimostrare che la società, allo scopo di ottenere un vantaggio economico e/o finanziario, non abbia voluto sostenere i costi , non abbia voluto effettuare gli  investimenti necessari alla salvaguardia della salute e la sicurezza dei propri lavoratori.
L'esonero dalla responsabilità amministrativa delle società è possibile ma a condizione che la stessa sia in grado di dimostrare di aver progettato, implementato, gestito e monitorato un adeguato modello di organizzazione e gestione atto a prevenire tali reati. Completa tale modello la costituzione ed attivazione di un idoneo Organismo di Vigilanza a cui partecipino adeguate professionalità connotate da autonomia valutativa e decisionale.
Sintetizzo, a tal proposito, le risposte a 2 delle domande affettuate su questo punto al dott. Guariniello:
1) Può partecipare all'Organismo di Vigilanza il RSPP? La risposta è secca: no, non gode della necessaria autonomia.
2) E se si trattasse di Organismo di Vigilanza certificato? La risposta è ancora:  no, non gode ugualmente  della necessaria autonomia.
Qualcuno in sala commenta: “ma allora noi.....”.
Grazie dott. Guariniello per averci fatto venire dei sani dubbi.

I lavori congressuali si chiudo alle 17.30 come da cronogramma con  il più rilassante intervento dell'architetto di Colonia, Christian Schaller, che ci mostra alcuni begli esempi di architettura sostenibile e sicura per gli spazi lavorativi.

Grazie ancora INPS, grazie a tutti i relatori, grazie di questa giornata istruttiva e stimolante. La mia, la nostra,  speranza è che di convegni di analogo spessore se ne organizzino ancora.

di Luca Borgonovo
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RECESSIONE ITALIANA!!! CRISI USA!!!



Ma davvero il 2009 ci sta portando in dono la fine del mondo?
di Luca Borgonovo, Amministratore Unico di SIRIO
 



Solo poche note, non un trattato di macro economia globale né tantomeno di finanza strategica megagalattica.
Vi ricordate  FIAT AUTO che per fare soldi vendeva le proprie azioni alla Libia già quasi 20 anni fa invece di vendere auto? Vi ricordate che per fare soldi vendeva  anche i propri progetti (gli stampi alla SEAT, il motore boxer alla BMV, etc.) invece di vendere automobili? Vi ricordate che circa in quegli anni aprì uno stabilimento a Cassino che doveva produrre circa un migliaio di automobili al giorno (365.000 all'anno!!! e in un solo stabilimento!!!). Beh, non le ha mai potute produrre perchè non c'era già allora chi le comprasse! Vi ricordate tutti i finanziamenti pubblici e gli sconti che da anni e anni ci vengono proposti e concessi per la rottamazione per incentivarci a cambiare auto? Vi ricordate certamente tutti di PARMALAT  che per fare soldi  faceva “finanza creativa” invece di vendere il latte e gli altri suoi prodotti.  Sapete anche che da tanti anni i Giornali non vivono più con i proventi della vendita ma vivono grazie ai finanziamenti statali. E  vi ricordate cosa è successo alle nostre tasche da quando è entrata in vigore l'EURO? E' successo che:

- 1 EURO non vale niente perchè  è una moneta,
- 10 EURO equivalgono a 10.000 LIRE,
- se spendo al ristorante 25 EURO commento che ho pagato proprio poco (ma non sono le vecchie 50.000 LIRE!!!),
- che se vado una sera al cinema con mia moglie e due figli pago 28 EURO (55.000 LIRE!!!),
- che se compro delle scarpe a 90 EURO (180.000 LIRE) sono convinto di aver fatto un affare,
- che se compro 50 mq di appartamento a Roma a 500.000 EURO ho speso poco eppure, se la memoria non mi inganna, sto pagando 20.000.000 di LIRE al mq!!! 

Ma allora la nostra crisi che cosa c'entra con la crisi finanziaria che arriva dagli USA?
Se la cosa ci può rincuorare, NULLA o quasi.
Certo rappresenta un'aggravante ma, di fatto, non è la causa della nostra crisi.
La verità è infatti sotto gli occhi di tutti (ovviamente di tutti coloro che vogliono vederla) ed è più chiara di quanto ci possa sembrare in prima battuta. Riassumendo:

1.le automobili le abbiamo comprate e ricomprate già tutti,
2.per fortuna durano diversi anni,
3.sempre per fortuna, nessuno ci può ancora obbligare a comprarne altre solo per  rifinanziare la FIAT (già ci obbligano a farlo con le le aziende della PA: vedi ALITALIA etc.).
4.il latte, i formaggi, i latticini non li produce solo PARMALAT ma  li producono in tanti in Italia, in Europa e nel mondo e a noi una volta piace comprali da uno, un'altra volta da un altro ed un'altra volta ancora non vogliamo comprarne proprio,
5.a PARMALAT, come a qualunque impresa,  sarebbe piaciuto produrre e vendere sempre di più ma, nella realtà, il numero dei consumatori raggiungibili è finito (cioè non è infinito)  e le loro esigenze sono mutevoli,
6.quei consumatori, inoltre,  stanno anche finendo i soldi a causa dell'annoso caro-prezzi dovuto al fenomeno speculativo “EURO”, delle fregature prese in Borsa, di stipendi che non si sono potuti e mai si potranno adeguare al fenomeno speculativo “EURO” per ovvi motivi,di guadagni perduti a causa della perdita del proprio posto di lavoro e/o la chiusura della propria impresa,
 
Aggiungo ancora un paio di considerazioni sul cosiddetto “mattone” e poi la nota è circa completa.  Abbiamo visto tutti che la conversione del suo prezzo in EURO ha generato e alimentato nel nostro Paese la più grossa speculazione degli ultimi tempi.
Da proprietari di casa ci siamo vantati del fatto che il nostro appartamento si fosse rivalutato raddoppiando in pochi anni il proprio valore.
Da acquirenti abbiamo maledetto l'EURO, i costruttori, quelli che si vantavano e tutto il mondo intero. 
Oggi, realisticamente, non ci si può che aspettare il crollo del prezzo del mattone e ciò sia perchè le persone che ne hanno bisogno non hanno tanti soldi per comprarlo sia perchè le persone che  hanno  qualche “mattone” in più sono nella necessità di venderlo per fare soldi (devono rompere il salvadanaio!)
In una tale situazione  non ci vuole un grande esperto per capire che il prezzo del  “mattone” non può che scendere e che, per gli stessi motivi, non possono che scendere il prezzo delle automobili, il prezzo del latte, dei ristoranti, delle scarpe, degli abiti, dei cinema e di tutto il resto.
Insomma, ritengo che verosimilmente questa crisi:

1.riporterà i prezzi all'incirca ai valori di prima dell'EURO,
2.ha fatto, sta facendo e farà uscire dal mercato tante aziende e tanti lavoratori, tanti imprenditori e tanti professionisti ma che non si può evitarlo per i motivi suddetti,
3.sta dando e darà tante opportunità a nuovi imprenditori, nuovi professionisti e  a  tutti coloro che avranno voglia di reinventare se stessi ed i loro business (esempi semplici: ristoranti in cui si mangi bene con 15-20 EURO, sale cinematografiche in cui si paghi il biglietto 2-3 EURO, professionisti realmente capaci e onesti e non venditori di sogni alla Vanna Marchi & Co.),
4.chiarirà a tanti che lavorare è sì un diritto ma che nessuno è in grado di assicurare un posto di lavoro ad altri, tantomeno lo Stato,
5.ci farà riscoprire il concetto che lavorare vuol dire essere utili e che la remunerazione del lavoro, qualunque essa sia, è ciò che riceviamo in cambio dell'utilità ceduta,
6.potrà aiutarci a capire che è certamente meglio finanziare progetti validi piuttosto che continuare a foraggiare le solite 10 aziende che altrimenti minacciano di licenziare un sacco di lavoratori.

Conclusioni: mala tempora currunt. Non c'è ombra di dubbio ma, come sempre accade, c'è anche il risvolto della medaglia da considerare: solo in momenti di grande cambiamento sono possibili grandi e  nuove  opportunità per tutti coloro che siano disposti a  cercarle e non solo per... i soliti noti.
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