News: LA RISTRUTTURAZIONE ECONOMICA E FINANZIARIA PER PORTARE LA PROPRIA AZIENDA FUORI DALLA CRISI
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Inviato da cortamaltese
mercoledì 01 aprile 2009 - 19:16:30
LA RISTRUTTURAZIONE ECONOMICA E FINANZIARIA PER PORTARE LA PROPRIA AZIENDA FUORI DALLA CRISI
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1) Come dice il detto popolare, a tempi di vacche grasse si alternano sempre tempi di vacche magre. Ciò sta a significare che il tempo della “crisi” è normale così come è normale il tempo della ripresa e della crescita. In borsa sono utilizzati i termini TORO e ORSO, nello studio del ciclo di vita di un qualunque prodotto/servizio si parla del tempo dello SVILUPPO e del tempo del DECLINO, etc. Orso, Declino, Crisi non significano quindi fine dei giochi, sono eventi come altri che l'imprenditore/il manager devono affrontare e gestire con strategie e strumenti appositi così come con strategie e strumenti appositi gestiscono le fasi di SVILUPPO, TORO del ciclo di vita. Certo, situazione ideale è quella in cui in tempi di vacche grasse ci si prepara a scongiurare momenti di crisi con opportune strategie e adeguati investimenti (es: diversificazione dei fornitori, diversificazione del prodotto/servizio, identificazione e fidelizzazione di stakeholders, diversificazione dei mercati, diversificazione dei clienti, diversificazione dei marchi, diversificazione dei canali distributivi e di vendita, etc.). Buona norma, in tempi di vacche grasse, è anche quella di costituire un “salvadanaio” da rompere quando si presentano i tempi delle vacche magre e che permette la sopravvivenza per un tempo “x” (è il concetto della scorta minima e poi della scorta di sicurezza: ognuno conosce la propria situazione e dovrebbe saper quantificare per la propria realtà i livelli adeguati). Ma non sempre la situazione ideale si realizza e così, in tempi di vacche grasse, può accadere che ci si dimentichi del fatto che la normalità è ciclica, fatta da alti e bassi. Presi a correre dietro l'impellenza della quotidiana emergenza (anche questa divenuta “normalità” nella nostra anomala cultura industriale), l'imprenditore/il manager non trova il tempo per cogliere e studiare i segnali del mercato, quelli che consentono di prevedere e quindi di attuare le strategie su menzionate. E così, ad un certo punto, la crisi sembra piombarci addosso quasi come se si trattasse di un agguato. In realtà così non è, la crisi, come tutte le crisi, si fa preannunciare da una quantità innumerevole di indizi: saturazione dei mercati dei beni durevoli, operazioni finanziarie spregiudicate e qualche crak finanziario, bolle speculative (vedi ad esempio il mercato dei titoli quotati nelle Borse, il prezzo degli immobili, etc.), etc. Ciò detto, può essere che qualcuno di noi si sia accorto troppo tardi dei segnali premonitori. Se così è 2 sono le cose da fare: 1) se la crisi ci ha sorpreso nel sonno svegliamoci e prepariamoci a reagire 2) non dimentichiamo di fare tesoro dell' esperienza e, risolta l'emergenza, cambiamo comportamenti e prepariamoci ad affrontare preventivamente la prossima crisi che potrebbe essere dietro l'angolo. Non è pessimismo, il pessimismo non ha senso nella gestione d'azienda così come, d'altro canto, non ha senso nemmeno l'ottimismo. E' solo il realismo che serve a imprenditori e manager. Solo il realismo è certezza, pessimismo e ottimismo sono invece illusioni e, come tali, sono entrambe fuorvianti. Esempi: non perchè Merchionne fa accordi con GM, Chrysler, Opel tutti i fornitori attuali di FIAT continueranno ad esistere, non tutti i dipendenti in Cassa Integrazione torneranno a lavorare e il tempo in cui noi acquistavano tutte le automobili che FIAT produceva non tornerà più. Altro esempio: non perchè ALITALIA non è fallita tutto è tornato ad essere come era prima della cessione per dipendenti, fornitori, clienti e concorrenti. Tutti noi ci troveremo così a gestire ben presto ulteriori crisi figlie della crisi primaria. Forse ci può consolare sapere che questa crisi, come quella del '29, si studierà nei nostri corsi di laurea in Economia e/o Mnagement per chissà quanti anni ma è anche vero che questa crisi non ha interessato tutti i mercati e tutte le aziende allo stesso modo: l'auto è in crisi ma AUDI ha chiuso un buon 2008, le “micro auto” hanno avuto e stanno continuando ad avere un trend positivo; l'abbigliamento è in crisi ma ZARA vola; altri settori: IKEA va bene, il settore Aerospaziale “vola”, il settore dei prodotti ecosolidali e biologici è entrato nel nostro sistema valoriale che rappresenta una forte leva motivazionale all'acquisto, il sistema bancario si dichiara in crisi eppure nascono continuamente nuove Banche, etc. Quindi, sintetizzando, patrimonializziamo intanto il concetto essenziale che: LA CRISI E' SIA EVITABILE SIA RISOLVIBILE REALIZZANDO RIGOROSAMENTE E RAPIDAMENTE LE PIU' OPPORTUNE STRATEGIE ECONOMICHE, FINANZIARIE E DI PRODOTTO/ SERVIZIO/ MERCATO. Il nostro convegno affronta le prime due.
2)Le strategie Economiche e Finanziarie per fronteggiare la crisi: l'impresa in crisi è caratterizzata dal fatto di non riuscire più a produrre la ricchezza che serve a garantirsi il buon funzionamento. In tale condizione anche le fonti di approvvigionamento finanziario si riducono drasticamente in quanto gli enti finanziatori riconoscono nell'azienda cliente uno stato di rischio inaccettabile. I due fenomeni insieme possono portare alla fine dell'impresa se l'impresa non riesce a costruire ed attuare rapidamente un piano di rilancio industriale (turnaround) efficace e credibile. Con il termine turnaround si intende, nell'ambito aziendale, il piano di risanamento e di ristrutturazione profonda di un'azienda in crisi. Il turnaround verte su due momenti, il primo volto a porre termine alle cause, ove possibile, che hanno portato alla crisi dell'azienda, il secondo teso al perseguimento di un piano di recupero della redditività. Un Piano di Turnaround efficace prevede pertanto: A) UN PIANO DI RIDUZIONE DRASTICA DEI COSTI ; B) UN PIANO DI RILANCIO COMMERCIALE; C) UNA RIPIANIFICAZIONE FISCALE; D) UN PIANO DI RISTRUTTURAZIONE SOCIETARIA/PATRIMONIALE; E) UN PIANO DI IDIVIDUAZIONE DI ADEGUARE FONTI FINANZIARIE.
3)Il Piano di riduzione drastica dei costi: la prima domanda da porsi è: a quali voci di costo non si può rinunciare? Quelle sono le uniche da mantenere. Tutte le altre andrebbero eliminate. E quali sono i costi a cui non si può rinunciare? Sono quelli che partecipano a produrre valore per il cliente, che il cliente percepisce ed è disposto a pagare (es: costi per la qualità del prodotto inteso nelle sue 3 componenti: contenuto, contenitore e servizio). Oltre questi costi essenziali vanno mantenuti quei costi che vengono sostenuti per svolgere attività necessarie ed ineliminabili anche se non finalizzate a produrre valore per il cliente (es: costi dell'amministrazione, costi per la sicurezza sul lavoro, costi di assicurazione, etc). L'obiettivo da conseguire con fermezza diviene pertanto quello di tagliare tutti i costi a cui non si può rinunciare. Di quanto tagliarli? Di tutto quello che si può. L'obiettivo è quello di riportare i costi entro livelli compatibili con i ricavi da “crisi”. Esempi: assicurazioni, rinunciare a tutte quelle non strettamente necessarie, ricontrattare tutte quelle necessarie confrontando preventivi di fornitori diversi dichiarando ai potenziali fornitori che vincerà chi porterà il massimo ribasso. La sincerità e la fermezza sono essenziali per la riuscita della strategia.; energia, ridurre i consumi al minimo necesario. Alcune aziende hanno spostato la produzione nelle ore della giornata (es: ore notturne) in cui l'energia costa meno. Verificare se cambiando fonte di approvvigionamento si possono ottenere riduzioni di costi; amministrazione, valutare la possibilità di rinunciare ai sostegni degli studi di consulenza esterni riportando in casa attività date all'esterno. Utilizzare i consulenti solo per gestire le eccezioni; mano d'opera, rivedere tempi e metodi di lavoro, layout del posto di lavoro, ordine ed organizzazione delle attrezzature, dei materiali, dei documenti indispensabili, tutto ciò per recuperare tempi morti (attese), sprechi di tempo trascorso a cercare quello che non si trova, a realizzare lavorazioni senza metodo e senza rispetto di tempi ciclo generando, talvolta, anche difettosità, rilavorazioni e problematiche che alimentano solo costi e disvalore. Possiamo ritenere, per esperienza vissuta, che in tanti casi una revisione seria del modo di lavorare può portare a recuperi importanti di tempo sprecato (fino al 40% del tempo teoricamente disponibile) consentendo, ad esempio, di riportare in casa attività affidate all'esterno in tempi di vacche grasse (manutenzioni, lavorazioni, consegne, etc.). Nessuna voce di costo presente a bilancio può essere tralasciata. Più saremo capaci di essere integralisti nell'approccio al taglio dei costi e maggiori saranno i risultati ottenuti che consentiranno di recuperare margine e consentire la ripresa. Ma le operazioni sui costi non finiscono quì. Si può e si deve ancora intervenire sulla natura dei costi. Tutti noi sappiamo che i costi si suddividono in FISSI e VARIABILI. I costi fissi sono quei costi che non variano al variare dei volumi di produzione (es: stipendi, rete dei mutui, affitti, etc). I costi variabili sono quelli che invece variano proporzionalmente al variare dei volumi di produzione (es: materie prime, energia, manutenzione). Come si intuisce facilmente, quei fattori della produzione che per loro natura danno origine a costi fissi non sono affatto ideali in momenti di crisi. Risultano invece molto più adeguati alla situazione di crisi i fattori della produzione che per loro natura danno origine a costi variabili e che pertanto diminuiscono in proporzione alla diminuzione del volume prodotto. Si può quindi affermare che, se in momenti di vacche grasse i costi fissi sono preferiti ai costi variabili in quanto incidono tanto meno sul costo unitario del prodotto quanto più aumenta il volume produttivo, in tempi di vacche magre la preferenza cambia a favore dei costi variabili. Strategia economica per tempi di crisi è allora anche quella di variabilizzare i costi. Esempi: contratti di consulenza con emolumento da pagare a “buon fine”, success fee,; premi di risultato piuttosto che aumenti di stipendio; lavoratori interinali piuttosto che assunzioni; cessioni di attività e rami di impresa marginali, cioè non rappresentativi del core-business aziendale, in modo da esternalizzare attività caratterizzate da prevalenza di costi fissi che in tal modo divengono variabili in quanto funzione degli ordini fatti al fornitore esterno. Esternalizzare attività, inoltre, potrebbe anche significare liberare spazi che può voler dire: non pagare più affitti (riduzione dei costi), poter dare in affitto o poter vendere (aumento dei ricavi). I costi fissi generano RIGIDITA' , i costi variabili ELASTICITA'. A livello di analisi di redditività aziendale, la strategia di riduzione dei costi insieme a quella di variabilizzazione dei costi comporta un abbassamento del Punto di Equilibrio (Break Even Point) che significa un MOL positivo a partire già da un volume produttivo inferiore. Se per assurdo un'azienda riuscisse ad eliminare completamente i costi fissi, il MOL sarebbe positivo già a partire dal primo prodotto venduto. Ma se non si riesce a variabilizzare i costi come fare? L'editoria ci insegna: il “segreto” è quello di saturare. Esempio: l'editore che acquista la rotativa per la stampa del suo giornale la satura producendo anche i giornali della concorrenza. “Incredibile!!” potrebbe esclamare qualcuno, “così facendo fa il gioco della concorrenza!!”. Eppure, a ben guardare non è proprio così. Quell'imprenditore invece ha saputo ben separare i business: uno è il business della stampa dei giornali e l'altro è il business dell'informazione che prescinde da chi fisicamente stampa il giornale. Nel business dell'informazione la differenza la fa il “taglio” giornalistico, l'ideologia del lettore e del direttore della testata, lo stile e non chi stampa. Allora la regola è: se non riusciamo a variabilizzare i costi fissi almeno saturiamo le risorse che li generano.
4)La contabilità analitica per centri di costo: nell'analisi dei costi è enormemente facilitato colui che ha implementato in azienda un sistema di rilevazione analitica dei costi per centro di costo poiché conosce esattamente per quali dei propri processi/attività/prodotti/servizi vengono sostenuti i vari costi e quale entità di costo complessivo produce ogni processo/attività/prodotto/servizio cioè ogni centro di costo. Tale conoscenza analitica consente di fare scelte strategiche importanti quali la dismissione/cessione di attività/rami d'azienda o ancora le cosiddette scelte di “make or buy” piuttosto che le scelte di outsourcing/insourcing.
5)La diminuzione dei prezzi: non è inoltre da dimenticare che la riduzione drastica dei costi da un lato produce effetti immediati sulla redditività che cresce sensibilmente, dall'altro fornisce all'impresa la possibilità di effettuare strategie commerciali aggressive di penetrazione di nuovi mercati o di riconquista/ampliamento dei mercati/clienti già serviti puntando su prezzi più competitivi (sconti “crisi”, collocamento di nuovi marchi con miglior rapporto prezzo/qualità, etc.). Insomma, la vita d'impresa è fatta così, di alti e di bassi. Non spaventiamoci ma piuttosto agiamo razionalmente e tempestivamente e non riduciamoci ad attendere tempi migliori o a sperare che qualcun altro risolva la crisi per tutti noi. Potremmo rimanere molto delusi.
Luca Borgonovo